Delusione, rabbia e timori per la prospettiva europea della Serbia ha caratterizzato, in una Belgrado sotto choc, il day after del dramma andato in scena martedì sera allo stadio Luigi Ferraris di Genova.
I giocatori della nazionale hanno fatto rientro in patria nel cuore della notte, evitando cronisti e cineoperatori che li attendevano all’aeroporto di Belgrado. Amarezza e sconforto erano palpabili sul viso dei calciatori, pressocché rassegnati ormai a vedere la Serbia quasi fuori dal prossimo Europeo di calcio del 2012 in Polonia e Ucraina.
L’unico a fare dichiarazioni è stato il presidente della Federcalcio serba, Tomislav Karadzic, che ha ribadito la sua convinzione già espressa subito dopo la sospensione di Italia-Serbia. ”Non erano venuti soli e di loro iniziativa a Genova. Gli organizzatori di quanto accaduto sono a Belgrado”, ha detto Karadzic, lasciando intendere l’esistenza di un piano preciso e preordinato per far saltare l’incontro, anche con l’aggressione al portiere della nazionale Vladimir Stojkovic.
Con la stampa nazionale e locale che ha denunciato l’onta e la vergogna di cui si e’ coperta la Serbia dopo i fatti di Genova, per tutta la giornata si sono succedute dichiarazioni di condanna del comportamento degli ultrà serbi. ”Tutti i responsabili delle violenze devono essere puniti”, ha detto il presidente della Stella Rossa, Petar Skundric, che è al tempo stesso ministro dell’energia. La gran parte dei teppisti entrati in azione a Genova erano sostenitori della Stella Rossa (Crvena Zvezda), una delle due squadre di Belgrado, nemica acerrima del Partizan, l’altro club della capitale.
Non vi sono altre squadre di calcio serbe conosciute a livello internazionale, e ogni anno il campionato se lo disputano Stella Rossa e Partizan. I comportamenti dei tifosi, ha aggiunto il ministro Skundric, ”non hanno nulla a che vedere con lo sport”. I gravi incidenti di Genova, avvenuti a soli due giorni dalla guerriglia urbana che ha accompagnato il Gay Pride di domenica a Belgrado – protagonisti anche in quella occasione gruppi dell’estrema destra ultranazionalista omofoba e xenofoba – hanno indotto la Corte costituzionale a riunirsi per prendere finalmente in esame la richiesta di messa al bando delle formazioni violente ed estremiste, presentata dalla procura un anno fa dopo l’uccisione a Belgrado di un tifoso francese del Tolosa ad opera di hooligan del Partizan.
E nel pomeriggio di mercoledì il presidente Boris Tadic ha convocato una riunione del consiglio per la sicurezza nazionale per esaminare l’emergenza della violenza ultrà, che rischia di danneggiare e ritardare il cammino della Serbia verso l’integrazione nella Ue. Una prospettiva questa peraltro che l’Italia appoggia in pieno anche dopo i fatti di Genova, come ha confermato a Belgrado il sottosegretario agli esteri, Alfredo Mantica.
Bisognerà tuttavia ricucire subito la polemica sorta sulle responsabilità per gli incidenti a Marassi: mentre infatti le autorità di polizia italiane hanno accusato oggi Belgrado di non aver fornito le informazioni necessarie a prevenire le violenze degli hooligan, la parte serba, per bocca del ministro dell’interno e vicepremier Ivica Dacic, ha accusato gli italiani di aver male preparato la partita di Genova e di non aver chiesto informazioni e aiuto alle autorità serbe.