
Usain Bolt (foto Ansa)

ROMA – Usain Bolt appende gli scarpini al chiodo: “Ci ho creduto – spiega in una lunga intervista al Corriere della Sera – Ma per arrivare al livello che mi era richiesto dal campionato australiano ci voleva tempo e io non sono stato capace di stare dietro a tutti i miei impegni ed allenarmi a sufficienza. Si dice che servano 10 mila ore di allenamento per avere successo, e a me sono mancate. Non รจ facile passare dal top dellโatletica al calcio professionistico”.
Argomento chiuso? “Gioco ancora in Giamaica e per beneficenza, ma a 33 anni direi che la mia carriera nel calcio รจ finita”.
“Filippo Tortu? Lo ricordo a Londra nelle batterie dei 200, benchรฉ non avessimo corso contro. Non conosco personalmente Tortu ma posso dire una cosa: chiunque scende sotto i 10โ nei 100 metri puรฒ essere definito uno sprinter di classe. ร ancora giovane, puรฒ crescere molto”.
Un consiglio per lui? “Lavori duro senza ascoltare nessuno. Tenga i piedi per terra e non si lasci schiacciare dalla pressione. Io ho avuto la fortuna di essere nelle mani di un coach che sapeva esattamente cosa mi serviva per crescere, Glen Mills. Dovevo pensare solo ad allenarmi”.
Cosa le manca dell’atletica? “La gara, non certo lโallenamento. E lโenergia di uno stadio pieno. Quellโadrenalina non lโho mai piรน ritrovata”.
Fonte: Il Corriere della Sera.
