Le vittime di Messina sono morti siciliani e non importa che il resto d’Italia li ricordi. Questo sembrava il diktat della Figc che nei giorni scorsi ha diramato una comunicazione per disporre un minuto di silenzio «sui campi che vedranno impegnate le squadre siciliane».
Infatti il segno di lutto doveva essere osservato in soli due stadi della Serie A: quello di Bari, sul quale era impegnato il Catania, e quello di Palermo, prima dell’incontro tra la squadra rosanero e la Juventus. Ma qualcuno ha aggirato la regola. L’arbitro Rocchi, designato a Bergamo per la partita tra Atalanta e Milan, se ne è infischiato delle disposizioni federali e ha deciso che la memoria di quei morti meritava di essere onorata.
Negli altri stadi d’Italia, invece, il calcio d’inizio è stato dato regolarmente, come se niente fosse successo. Oggi il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, ha ammesso la propria responsabilità , parlando di «cattivo coordinamento tra la Federazione e le Leghe», che ha provocato «un effetto che era assolutamente contrario a quelle che erano le nostre volontà ». Un dietrofront doveroso da parte del massimo dirigente federale.
D’altronde, il “federalismo del lutto” sembra riguardare solo il mondo del calcio: a Siena, prima della Supercoppa italiana di Basket tra i padroni di casa e la Virtus Bologna, il minuto di silenzio c’è stato. Forse, come l’arbitro Rocchi, si sono sbagliati anche loro.
