ROMA – Nerone, la grande fuga: opera rock è un flop con i soldi pubblici. I critici più esigenti e i più attenti a non ferire gli spazi monumentali dell’antica Roma avevano messo sull’avviso: l’opera rock Nerone negli spazi del Palatino, mastodontica operazione privata ma con garanzie pubbliche, si è rivelata da subito artisticamente scadente prima che un flop commerciale, uno spreco di risorse e un attentato alla conservazione delle rovine.
Dopo poche repliche il musical è stato fermato per sforamento di decibel e somma di guasti organizzativi: la notizia è che difficilmente riprenderà le repliche (ne erano state programmate 70) perché dopo critici e pubblico se ne vanno – cioè hanno deciso di non proseguire – anche artisti, tecnici e maestranze. Per la buona ragione che hanno ricevuto solo due mensilità e non si vede come la società di produzione Nero Divine riesca ad onorare gli impegni senza l’intervento come al solito di Pantalone (in questo caso la Regione).
“I circa 50 artisti che rappresento — spiega l’avvocato Massaro — hanno deciso di rompere il silenzio che avevano scelto perché sperano nell’intervento dell’unico soggetto pubblico presente nell’azionariato della Nero Divine, la Lazio Innova che ha già versato 1 milione e 50 mila euro nell’operazione e che potrebbe rilanciarla”. Resta da capire perché un’azienda pubblica — all’80,5% della Regione Lazio e al 19,5 della Camera di commercio di Roma — dovrebbe versare altri soldi in un’impresa che si è finora rivelata un flop. (Gabriele Isman, La Repubblica)
Sergio Rizzo aveva sollevato sul Corriere già qualche settimana più di un dubbio circa affidabilità del privato e opportunità del sostegno pubblico. In particolare la composizione azionaria della società, pone più di un interrogativo, a partire dalla sproporzione lampante tra i 50mila euro sborsati dai soci privati (i fratelli “berlusconiani” Casella hanno versato “in natura” il resto ) e il milione e passa di euro della regione Lazio di Nicola Zingaretti per sottoscrivere l’aumento di capitale e il prestito obbligazionario convertibile (14 milioni è stata valutata la società considerando il potenziale in biglietti e diritti di sfruttamento) e assicurarsi l’11% di azioni di Nerone Divine.
La società regionale mette sul piatto per il nuovo incendio di Roma un milione 50 mila euro pubblici, contro i 60 mila privati tirati fisicamente fuori dagli ideatori di un’operazione che così congegnata diventa ancor più indigeribile. Era al corrente il ministero dei Beni culturali del governo di larghe intese, quando ha dato il benestare, che oltre a dover passare un’estate intera con un ecomostro di quella fatta piazzato sul Palatino l’avremmo anche pagato noi? (Sergio Rizzo, Corriere della Sera)