MILANO, 20 GIU – Da vent'anni Attila mancava dalla Scala di Milano, ed e' soprattutto grazie a una ventenne che sara' ricordata la versione che ha debuttato questa sera con la regia di Gabriele Lavia e la direzione di Nicola Luisotti incassando oltre sette minuti di applausi: il soprano Lucrecia Garcia che nella parte di Odabella ha conquistato il pubblico.
Non doveva essere questo soprano venezuelano classe 1986 a cantare stasera. In cartellone era prevista la russa Elena Pankratova, ma una indisposizione l'ha costretta a rinunciare. Che il motivo sia una malattia o altro poco importa. Certo e' che con la sua voce Garcia – che ha fra l'altro cantato Aida all'Arena di Verona nella sua carriera – ha impressionato e conquistato il pubblico.
Per lei applausi a scena aperta, arrivati a dire il vero anche per gli altri interpreti: Orlin Anastassov nella parte del re degli Unni, Fabio Sartori in quella di Foresto e Marco Vratogna in quella di Ezio. Forse i piu' applauditi sono stati pero' Garcia e Lusotti, il direttore musicale della San Francisco Opera, al suo debutto nella lirica al Piermarini.
E' un Attila politico e (in parte) attuale quello messo in scena da Lavia. Come ambientazione della vicende del flagello di Dio – ucciso da Odabella per vendicare la morte del padre, re d'Aquileia – il regista, che qui non firmava un lavoro dal 1984, ha scelto le rovine di tre teatri: un anfiteatro romano per il primo atto, un politeama ottocentesco per il secondo e un cinema, con tanto di vecchio film su Attila proiettato in bianco e nero sullo schermo, per il terzo.
Difficile non pensare ai tagli nei finanziamenti pubblici alla cultura in questa sua scelta. E d'altronde lo stesso Lavia ha spiegato che Attila e' un'opera brechtiana ''con una fortissima connotazione civile e politica''.
Ma anche patriottica. Comprensibile quindi che la Scala lo abbia messo in scena nell'anno in cui si celebra il 150/mo anniversario dell'Unita' d'Italia. ''Attila – ha spiegato – e' il simbolo della barbarie, che per Verdi e' la mancanza di verita' e la verita' ha come sua essenza la liberta'''. Per questo il re degli Unni in scena e' simbolicamente accompagnato dalle tenebre che contrastano con la luce. Forse quella di una nuova stella.