VENEZIA, 9 OTT – Il piu' classico e emblematico dei testi teatrali, 'Amleto', apre lunedi' la Biennale Teatro di Venezia nell'allestimento firmato da Thomas Ostermeier, uno dei grandi nomi della scena internazionale e dal 1999 alla testa della Schaubuehne di Berlino, cui verra' consegnato il Leone d'oro alla carriera.
Ostermeier e' solo uno dei sette registi di primo piano che Alex Rigola, direttore di questa Biennale, catalano e alla testa del Lliure di Barcellona, e' riuscito a coinvolgere nel suo progetto: portare un loro grande spettacolo inedito in Italia e poi crearne anche uno appositamente per Venezia ispirato a un Peccato che ritengono capitale (Ostermeier lavorera' sulla pedofilia). Prima di sbarcare a RomaEuropa, Jan Fabre presenta in laguna il suo molto fisico e forte 'Prometeus'; Jan Lauwers si fara' riconoscere con 'Isabella's room', mentre dall'Argentina arriva 'El Box' di Ricardo Bartis; la forza visionaria di Rodrigo Garcia si presenta con 'Muerte y reencarnation en un cowboy', le visioni provocatorie di Calixto Bieito si ritroveranno in 'Desaparecer' e, per l'Italia, Romeo Castellucci ripropone 'Sul concetto di volto nel figlio di Dio'. L'ultimo giorno della biennale Teatro, andranno poi in scena i loro Sette Peccati capitali in vari spazi.
La Biennale non e' mai stata solo rassegna, cosi' Rigola ha invitato tutti a mettersi in gioco,a confrontarsi, a incontrare il pubblico, come faranno anche alcuni grandi scenografi, da Margherita Palli a Jan Claybourg, rivelando basi e trucchi del proprio lavoro.
C'e' poi una piccola rassegna di nuovo teatro italiano (dai Santasangre a Ricci/Forte) e, infine, lo spettacolo dei Rimini Protokoll, gruppo emergente tedesco, guidato da Stefan Kaegi, cui andra' il Leone d'argento per le nuove realta' teatrali.
Quanto a Ostermeier, in 'Amleto' Shakespeare descrive la corte reale danese come un sistema politico corrotto che diventera' per il principe un groviglio di paranoie. L'omicidio, il tradimento, la simulazione e la sessualita' sono le armi usate nella lotta per conservare il potere. Partendo da qui, il regista condensa i cinque atti in due ore e mezza, traduce, complice il drammaturgo Marius von Mayenburg, la lussureggiante lingua poetica del Bardo nella linearita' della prosa tedesca, moltiplica per tre il piu' celebre e abusato monologo di tutti i tempi, ''essere o non essere'' (''Tutti sanno o credono di sapere – spiega – quel monologo, ma io non sono sicuro di capire veramente il suo significato. Per questo lo trattiamo come un pezzo musicale suonato ogni volta con strumenti diversi: batteria, chitarra elettrica, violino''); mette in scena il funerale del padre di Amleto, che nell'originale e' gia' morto prima che l'azione cominci, distribuisce gli oltre venti personaggi tra i sei attori del suo affiatato collettivo, accentuando, nella apparente confusione dei ruoli, la confusione di Amleto e del niente e' come sembra.
