Alberto Stasi parla a Matrix: “Io come il padre dei fratellini Gravina”

Alberto Stasi

Alberto Stasi, per due anni unico indagato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, si è confessato martedì 7 aprile davanti alle telecamere di “Matrix”, il programma condotto da Alessio Vinci. Chi si aspettava colpi di scena, è rimasto piuttosto deluso, così come chi sperava che dagli occhi del “biondino di Garlasco” trapelasse qualche emozione per lo meno nel ricordare la fidanzata di una vita che qualcuno ha ucciso barbaramente il 13 agosto 2007.

Alberto è stato assolto in primo grado per l’omicidio di Chiara Poggi in base all’articolo 530 secondo comma del codice di procedura penale che stabilisce l’assoluzione “quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile”.

In soldoni, l’impianto accusatorio si è rivelato lacunoso in più parti, al punto da non garantire la certezza della pena senza cui un giudice non può emettere una condanna. Non basta, perché secondo i legali di Stasi e Stasi stesso, che nella figura di avvocato di se stesso se l’è sempre cavata egregiamente – ieri sera lo ha dimostrato appieno -, il pm Rosa Muscio avrebbe indagato a senso unico, trascurando eventuali indizi che avrebbero potuto se esaminati per tempo portare ad altre piste. Lo stesso giudice Stefano Vitelli ha segnalato nella sentenza la presenza di “buchi neri” come ad esempio la testimonianza della vicina di Chiara che ha raccontato di aver notato una bicicletta nera da donna addossata al muro di villa Poggi.

Ieri sera poi nel corso della puntata speciale di Matrix si è parlato del ritrovamento a Garlasco, non molto distante da via Pascoli, di una bicicletta incustodita del tutto simile alla descrizione offerta dalla donna ma su cui non si è indagato. Alberto si è paragonato a Filippo Pappalardi arrestato ingiustamente con le accuse di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere ai danni dei propri figli, Francesco e Salvatore, i fratellini di Gravina scomparsi il 5 giugno 2006 i cui resti furono poi trovati in una cisterna all’interno di un vecchio casolare abbandonato: su entrambi ha pesato l’infamante accusa di aver ucciso una persona cara.

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