Se gli italiani hanno una “mamma”, gli inglesi hanno una auntie, “zietta”: non parliamo di pranzi di famiglia, ma di un qualcosa di altrettanto familiare: la tv di Stato. Che in Italia come sappiamo si chiama Rai e che in Gran Bretagna è la Bbc, British broadcasting corporation. Entrambe sono sotto attacco, accusate di essere dei carrozzoni strapieni di dipendenti e ingordi di denaro pubblico. Entrambe devono vedersela con una concorrenza che ha sponde politiche pesantissime: a Londra è il premier David Cameron, mentre in Italia sappiamo che il patron di Mediaset e il presidente del Consiglio possono essere divisi solo da un attacco di schizofrenia. Bbc e Rai hanno una concorrenza “mostruosa”: lo “squalo” in Inghilterra, il “caimano” in Italia.
Lo “squalo” è Rupert Murdoch, big shot dell’editoria mondiale, australiano con un gran voglia di riscattare la sua australianità nella snob madre patria inglese. Sbarcato nella “perfida Albione” una prima volta per studiare a Oxford, e poi qualche anno dopo (1969) per mettere mano al portafoglio e comprarsi il News of the world e The Sun, i “tabloid” (giornali popolari di titoli urlati, foto, cronaca e gossip) più letti dai britannici. Dopo una campagna d’America, che lo porta ad acquisire il New York Post e il New York Magazine, nel 1981 torna a colpire in Gran Bretagna, dove si impossessa di The Times (un tempo il giornale più autorevole del mondo) e Sunday Times. Nel 1989 si lancia sul satellite con Sky Television, che l’anno dopo si fonde con la concorrente British Satellite Broadcasting, dando vita a BSkyB. Intanto Murdoch inizia a suo modo a interessarsi di politica. Nei primi anni 90 appoggia i governi “tories” (conservatori) di Margaret Thatcher e John Major, pronto però a sostenere il laburista Tony Blair durante la crisi irachena, contrastando l’ostilità della Bbc. Murdoch ripassa poi nel fronte conservatore nell’ultima campagna elettorale appoggiando l’attuale primo ministro David Cameron.
Il peso delle simpatie politiche di Murdoch ha influito molto sugli equilibri del sistema televisivo britannico, dove fin dalla fine degli anni 80 il privato ha guadagnato molto spazio a discapito del pubblico. Fu Margaret Thatcher, spalleggiata dai media dello “squalo” australiano, ad attaccare per prima la televisione pubblica, incaricando un’economista di destra di stilare un rapporto nient’affatto benevolo verso la Bbc. Dossier dal quale è nato il Broadcasting Act, legge con la quale la Gran Bretagna è stato il primo paese europeo a privatizzare e deregolamentare la tv. Era il 1990. L’altro colpaccio per Murdoch è stata l’introduzione nelle case britanniche della Tv via cavo e via satellite, architettata dal governo conservatore in un modo da regalare un monopolio delle nuove tecnologie a BSkyB.
Ma la Bbc è riuscita a resistere ai morsi dello squalo: ogni settimana, oltre il 97 per cento della popolazione britannica guarda, legge o ascolta qualcosa prodotta dalla Bbc, che gestisce 10 canali televisivi e 16 stazioni radio nazionali. Attraverso il suo World Service Radio Network, ha un’audience settimanale di 180 milioni di spettatori nel mondo.
Nonostante il suo prestigio old fashioned, che ne ha fatto uno dei marchi identitari della britannicità nel mondo, è riuscita ad avere un approccio niente affatto snob ai nuovi media, come internet, dove è presente già dagli anni 90 non solo come sito di news ma anche come piattaforma di webtv. Nel 2007, ha introdotto iPlayer, un servizio che consente di guardare quello che si è perso in televisione. Solo a gennaio 2011 è stato usato per guardare 162.000.000 programmi.
