ROMA – Gabriele Paolini condannato a 4 mesi dalla Cassazione per aver interrotto due servizi della Rai. Condannato dalla Corte di Cassazione, quindi in via definitiva. Paolini, il “disturbatore” delle dirette televisive, ormai è consapevole, per via delle numerose condanne ricevute, che il suo comportamento non è lecito e che configura il reato di interruzione o turbativa del pubblico servizio e a nulla gli serve invocare la sua buona fede o l’assoluzione ricevuta nel 2000 per aver tentato di interrompere Miss Italia 1997 per sensibilizzare all’utilizzo del condom contro l‘Aids.
I giudici della Cassazione – con la sentenza 7384 relativa all’udienza svoltasi il 28 novembre – hanno così confermato per Paolini la condanna a quattro mesi di reclusione e al risarcimento delle parti civili, per aver costretto all’interruzione due servizi in diretta tv.
Uno su ‘Calciopoli’ per il Tg1 del 26 giugno 2006, e l’altro per ‘Studio Sport’ del 21 settembre dello stesso anno. Nel primo caso, Paolini aveva costretto la giornalista a non andare in onda perchè facendosi riprendere dalla telecamera ripeteva la frase “ho fatto sesso col Papa! Paolini ha fatto sesso col Papa”. Nel secondo, il ‘disturbatore’ era entrato nell’inquadratura esibendo un cartello con un insulto al Pontefice e pronunciando la frase “il Papa è gay”, costringendo all’interruzione anche in questa circostanza. S
Paolini ha sostenuto che non riteneva di commettere reato “in considerazione del fatto che in precedenza per analoghe condotte era stato assolto” – il riferimento è all’assoluzione del 2000 per il tentato assalto al palco di Miss Italia, bloccato dall’intervento dei carabinieri – così inducendolo “in errore circa la liceità del suo comportamento”. In quella vicenda, oltre al fatto che la diretta non era stata interrotta, per il giudice meritava comprensione il tentativo di voler sensibilizzare l’opinione pubblica sulla prevenzione dall’Aids.
“Nel frattempo – scrivono i giudici della Cassazione – sono intervenute decisioni, ben note all’imputato, che hanno riconosciuto il rilievo penale di azioni del tipo di quelle da lui poste in essere, sicché appare difficile riconoscere un atteggiamento di buona fede nei confronti del Paolini”. Per la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso contro la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma, nel febbraio 2013, Paolini – che attualmente è agli arresti domiciliari per un’altra indagine aperta a suo carico – è stato condannato a versare mille euro alla Cassa delle ammende.