ROMA – “Abbiamo fatto più di 100 puntate, dobbiamo aver il tempo per pensare a cosa faremo”. Con la puntata in piazza del 18 giugno finisce la storica trasmissione ideata e condotta su La7 da Michele Santoro, ‘Servizio pubblico’. “Saremo a Firenze in piazza, chiederemo a tutti di indossare qualcosa di rosso”, annuncia.
È un Santoro che non indietreggia in una conferenza stampa fiume in cui parla a 360 gradi, affrontando anche il tema della riforma della Rai, nella sede della Stampa estera a Roma dove accompagna Giulia Innocenzi alla presentazione della nuova stagione di ‘Announo’, in onda dal 21 maggio con nuovo ciclo spalmato su quattro puntate: la prima sulla carne e sugli allevamenti intensivi, poi sulle famiglie omogenitoriali e sulla dipendenza a Internet. Ospiti fissi Antonio Di Pietro e Alba Parietti, che interagiranno con i ragazzi presenti in studio.
Parla anche della tv del servizio pubblico Santoro e del premier in carica: “Se Renzi vuole dare la dimostrazione che il Paese cambi, provi a cambiare la Rai: è una riforma senza costi, l’unico prezzo per lui è rinunciare al controllo sulla tv di Stato. Se da un cambiamento della Rai e della governance cambia il sistema è un punto, altrimenti non si arriverà a un mercato in cui ci si sfida liberamente, come Renzi ha promesso”.
Santoro conferma la fine di Servizio pubblico e fa il punto sul genere talk, che egli stesso ha di fatto reinventato, ricordando come la sua sia una trasmissione che ha segnato una parte importante della storia della tv italiana e la vita di La7.
“È nata senza un canale di distribuzione ed è riuscita a raggiungere risultati straordinari – sottolinea -. Oggi c’è una situazione di superinflazione nel settore, gli editori hanno scelto di mettere in competizione i contenitori informativi tra di loro, La7 stessa è diventata una rete dove l’innovazione ha avuto un margine assai scarso. Il mio futuro? Ho molte idee, mi auguro che a Cairo possano interessare. So solo che almeno per un po’ non farò un programma da 30 puntate. La verità è che sono sul mercato, metto le mie idee a disposizione di Rai, Sky. Nessuno ci censura – aggiunge – noi facciamo cose straordinarie, agli altri lasciamo le cose ordinarie”.
Santoro sottolinea anche che un eventuale nuovo programma potrebbe “anche essere itinerante”. Tante idee, ma soprattutto le possibilità di realizzarle, a cominciare ovviamente dalle risorse finanziarie. Cairo, tiene a dire Santoro, “ci ha sempre lasciato enorme libertà, siamo in ottimi rapporti e spero di continuare ad averne. Ancora oggi Servizio pubblico è leader nei social network, è il più seguito via streaming. Quando sono arrivato a La7, mi auguravo diventasse cavallo più veloce di tutta la televisione italiana. Cairo non ha mai ostacolato il nostro programma, non ha mai posto limiti. Sarebbe da mettere alla guida del Paese, farebbe la spending in maniera ottima”.
Santoro ribadisce più di tutto un concetto a lui caro: “Si sono dette tante stupidaggini: affermare che in Italia c’è la crisi del talk, è un falso teorico. C’è la crisi del sistema televisivo italiano, da cui da tempo l’innovazione è scomparsa”. E ancora insiste: “In Italia si spende di meno per produrre programmi. Questa è l’origine del fatto che noi stiamo diventando sempre più periferia”. Il giornalista ritiene che l’innovazione tv avesse il suo centro nella seconda serata, che oggi è sparita per l’allungamento dei talk. Santoro nota che anche i programmi del mattino di La7 hanno assunto la forma dei talk di prime time: “È una situazione di super inflazione, abbiamo pochi ospiti – sempre gli stessi – e abbiamo creato una crescita assurda nella politica in un momento di offerta molto bassa. Dovete chiedervi il perché. Il flusso incessante di trasmissioni fotocopia o brutta copia ha disorientato il pubblico dei canali generalisti”.