ROMA – La Rai deve restare pubblica, come ''garanzia democratica'' e ''veicolo attivo di pluralismo'' e ''recuperare il suo ruolo di servizio pubblico'' ma va gestita ''con criteri di maggiore efficienza'' con una ''governance piu' leggera, svincolata dalla patologica ingerenza politica e riportata a una normale fisiologia di indirizzo e controllo''. Lo scrive in una lettera al Corriere della Sera Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell'Upa (utenti pubblicita' associati), riportando l'esito di una ricerca commissionata fra gli esperti del mondo della comunicazione, che ha individuato come soluzione ''il conferimento della proprieta' a una Fondazione in cui sia rappresentata l'articolata realta' sociale, culturale, economica e istituzionale del Paese''.
''Quando la Rai diventa indifendibile anche agli occhi di chi investe centinaia di milioni di euro in pubblicita' – dice – quello e' il momento in cui e' inutile continuare ad attaccarla'' e di ''cominciare a lavorare a una sua nuova architettura''.
''L'insieme degli investimenti dei nostri associati sui canali Rai – ricorda Sassoli de Bianchi – costituisce all'incirca la meta' del fatturato della stessa Rai'' e ''rappresentiamo responsabilmente il principale elemento di mercato nel sistema dei media e riteniamo che il progresso del Paese debba conivolgere anche una Rai le cui logiche commerciali non soffochino le ambizioni di crescita civile connaturate nel ruolo di una tv pubblica''.
La ricerca, aggiunge, per quanto riguarda l'assetto editoriale propone ''una rete generalista senza pubblicita', che giustifichi il pagamento del canone e, soprattutto, il recupero della sua evasione diffusa'' che abbia tra le sue funzioni anche ''quella di favorire la sperimentazione di format e contenuti liberi da obiettivi commerciali e che di conseguenza sappiano far evolvere l'immaginario collettivo esattamente cosi' come la Rai fece alle origini della sua storia''.
