Salvo Riina, ancora caos Rai: liberatoria e domande sparite

Salvo Riina, ancora caos Rai: liberatoria e domande sparite

ROMA – Ancora polemiche sulla puntata di Porta a Porta con intervista a Salvo Riina, figlio del boss dei boss di Cosa Nostra. Due giorni dopo il clima è ancora più teso: sono state le modalità dell’intervista di Bruno Vespa a finire al centro dell’attenzione. Il messaggio mandato dal figlio del boss, le domande eluse dall’ospite, la liberatoria concessa solo alla fine.

A fare più rumore sono state le parole del presidente del Senato Pietro Grasso: “Non si banalizza la mafia, serve serietà”, ha detto prima di spiegare che lui in Rai ha sempre dato la liberatoria prima di parlare, mentre a Riina è stata chiesta solo dopo. Circostanza confermata da Campo Dall’Orto che, precisando che l’intervista è stata “ovviamente gratuita”, ha assicurato che “le domande erano libere”.

La denuncia di Grasso è stata poi il trampolino di lancio per un nuovo affondo da parte di Fnsi e Usigrai che chiedono ai vertici della tv di Stato di chiarire “perché la seconda carica dello Stato è tenuta a firmare la liberatoria prima di un’intervista, mentre Salvo Riina ha preteso e ottenuto di firmarla dopo aver visionato l’intervista e verificato che andasse bene?”.

Questo il testo della nota congiunta firmata dal segretario Generale, Raffaele Lorusso, dal presidente Fnsi Giuseppe Giulietti e dal segretario dell’Usigrai, Vittorio di Trapani.

“Ribadiamo che il tema non è chi viene intervistato, ma come e perché – domandano – Per questa ragione è bene non farsi distrarre dal tanto rumore e concentrarsi su questi punti fondamentali. Inoltre, ci chiediamo: chi era presente alla visione dell’intervista per il via libera alla messa in onda da parte di Riina? E poi, tutti gli altri ospiti della trasmissione hanno avuto la stessa opportunità di firmare la liberatoria solo successivamente? E già che ci siamo, l’editore del libro ha detto, non smentito, che ad alcune domande Riina non ha voluto rispondere. Dove sono finiti quelle domande e quei silenzi? Perché non sono stati mandati in onda? Che fine hanno fatto l’etica e la deontologia della professione giornalistica? Queste domande non possono rimanere senza risposta. Il tema cruciale è l’idea di servizio pubblico che si vuole costruire. E quello a cui assistiamo oggi è uno degli effetti dell’azione combinata delle tante forze che lo vogliono smantellare”.

Dure le prese di posizione anche dal mondo della politica. “I vertici Rai hanno detto che è cambiata la musica, ma non mi pare – ha osservato il deputato Pd Michele Anzaldi – E’ cambiata solo a Capodanno, quando per una bestemmia è stato allontanato un dirigente di Rai1 (Antonio Azzalini, ndr), ma poi tutto è rimasto uguale. Dalle scelte della Leosini in poi, nulla è mutato. Quella di Capodanno è un’inezia rispetto a quanto successo da Vespa. Applicando lo stesso metro su una cosa del genere i licenziati dovrebbero essere una ventina. La Rai ci deve dire chi sono i responsabili della scelta di far firmare la liberatoria solo alla fine”.

“Basta pensare a quello che ha denunciato Grasso ieri – insiste Anzaldi – L’ex procuratore nazionale antimafia, che attualmente è la seconda carica dello Stato, fa sapere che a lui la liberatoria veniva richiesta prima delle interviste in Rai. Invece al figlio del boss di Cosa Nostra, condannato per mafia, si lascia la possibilità di firmarla alla fine. La denuncia di Grasso è arrivata proprio nel corso dell’audizione dei vertici Rai in Commissione Antimafia. Non è certo un caso, si capisce il peso che evidentemente Grasso voleva dare alla sua denuncia”.

Published by
Daniela Lauria