SANREMO – Ancora una volta Roberto Benigni ha trasformato un passaggio televisivo in un evento. A Sanremo poi sono legate alcune delle sue performance più memorabili, per usare un aggettivo molto caro al grande toscano. Giovedì sera, nella puntata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, è stato chiamato per fare l’esegesi dell’inno di Mameli. Un intervento, molto più lungo del previsto, nettamente diviso in due: la prima comica e graffiante, la seconda intensa, dedicata alla ricostruzione del testo del nostro inno.
Entrata scenografica, su un cavallo bianco e sventolando il tricolore, il pubblico lo accoglie in standing ovation. Inizia da subito il tormentone che ripeterà spesso nel corso della serata: “Allora, sono qui per parlare dell’inno di Mameli, e solo di quello, mi raccomando!”.
Ma Silvio è il destinatario implicito di quasi tutte le sue battute: ”Avevo qualche dubbio a venire a cavallo perché per i cavalieri è un periodo poco felice”, anche se qualche riferimento non lo risparmia a sinistra: ”Mi piace lo stile di Morandi, gli possono fare qualunque sopruso e non reagisce il prossimo festival lo facciamo presentare a Bersani”, ”dov’è la vittoria sembra scritto dal Pd. Già: dov’è la vittoria, dov’è?”. E ancora: ”150 anni per una nazione che volete che sono, è una bambina … una minorenne, ‘sta storia delle minorenni è nata a Sanremo con la Cinquetti si è spacciata per la nipote di Claudio Villa. Ruby Rubacuori: l’ho detto, se non ti piace cambia canale e vai sul Due: no, là c’è Santoro”; ”ha detto che è la nipote di Mubarak, bastava andare all’anagrafe in Egitto e vedere se Mubarak di cognome fa Rubacuori”; ”ci sono due persone che telefonano continuamente, una è qui” (ha detto rivolto al direttore generale della Rai Mauro Masi seduto in platea).
Poi il cambio di registro e l’ingresso progressivo nell’analisi del testo, attraverso frasi scherzose come ”Cavour è stato il secondo più grande statista della storia, poi lo beccarono con la nipote di Metternich”, ”Garibaldi era famoso in tutto il mondo, manco i Beatles, Bono e i Rolling Stones”, ”la prima capitale è stata Torino poi fu spostata a Detroit” fino al cambio totale di registro. Com’è tipico del suo stile, Benigni è diventato un cantore appassionato mescolando l’analisi testuale di Mameli alla storia e alla letteratura, mettendo in evidenza la giovane età degli eroi del Risorgimento, facendo emergere dal passato uomini e donne che hanno contribuito alla nascita del nostro Paese.
”L’Italia è l’unico paese al mondo dove è nata prima la cultura e poi la nazione”, ”Cavour, Mazzini, Garibaldi sono usciti dalla politica più poveri ma hanno lasciato ricchi noi … una cosa memorabile”, ”la nostra bandiera è l’unica che viene dal più grande poeta del mondo (Dante). Vogliategli bene a quella bandiera” sono solo alcuni dei passaggi di questa appassionata lectio magistralis sul concetto del sano patriottismo conclusa con un colpo di teatro da grande attore: l’inno di Mameli cantato sussurrando – come se stesse pensando a quella lunga storia di uomini e donne – che, come già aveva fatto con il Paradiso di Dante, ha trasformato il festival di Sanremo in qualcosa di molto più profondo di una gara di canzoni. Tutti, compresi i ministri Meloni e La Russa, e il dg Masi in piedi ad applaudire.