SARAJEVO – Ancora una volta l’inviato de Le Iene Luigi Pelazza viene accusato di aver realizzato un falso servizio. Stavolta a contestare la presunta falsità alla iena di Italia 1 è la Procura di Sarajevo per un servizio andato in onda il 2 ottobre. Pelazza ha portato in televisione un servizio su un presunto traffico di armi dalla Bosnia ai terroristi dell’Isis in Europa, ma la Procura contesta che i due uomini protagonisti del video, Davor Jarcevic e Nermin Sejdic, siano in realtà due attori che sono stati pagati da Pelazza per fingersi dei trafficanti di armi. Davide parenti, papà delle Iene, difende il suo inviato e il servizio, sostenendo che si tratta di accuse “molto gravi” e ribadendo che “una cosa che ci preme è essere credibili”.
La vicenda inizia il 2 ottobre quando Le Iene mandano in onda su Italia 1 il servizio di Pelazza. La Procura di Sarajevo in base alle indagini avviate dopo la trasmissione e alle perquisizioni effettuate 2 giorni fa dalla polizia nel quartiere sarajevese di Gorica, dove i due sono stati identificati e arrestati: si tratta, precisa la Procura, di persone estremamente indigenti, tossicodipendenti registrati, che nell’interrogatorio hanno confessato tutta la vicenda.
Sono state identificate anche le armi di provenienza bosniaca che si vedono nel servizio e si continuano a cercare le altre, residuati della guerra (1992-95), coinvolte nell’inchiesta. Poiché il servizio tv ha danneggiato l’immagine della Bosnia Erzegovina, per ciò che riguarda la lotta al terrorismo, la Procura ha informato della vicenda le competenti autorità italiane per ulteriori procedimenti.
A rispondere alle accuse di Sarajevo è lo stesso Parenti, che in una nota pubblicata anche dall’Ansa dichiara:
“Le accuse della procura di Sarajevo sono molto gravi: se c’è una cosa che ci preme è essere credibili. Non vediamo l’ora che vengano qui a dirci che cosa abbiamo inventato o che le autorità italiane ci chiedano conto delle accuse che ci vengono mosse. Quello che so con certezza è che abbiamo realizzato un’inchiesta straordinaria, che documenta come le armi rimaste in Bosnia dagli anni ’90 siano quelle che hanno sparato a Charlie Hebdo, al Bataclan e in altri luoghi delle stragi collegate all’Isis in Europa. Pelazza è andato lì per cercare di capire chi vende queste armi, come si comprano e ha scoperti che è facile farlo. Dire dunque che abbiamo realizzato un fake è una balla cosmica”.
Il papà de Le Iene continua a difendere l’operato del suo inviato:
“Se il servizio andato in onda è di venti minuti abbiamo però ore e ore di girato e faremo in modo di renderlo pubblico, mettendolo sul nostro sito entro domattina (sabato 8 ottobre, ndr). Non abbiamo nulla da nascondere, anzi siamo convinti di avere tante informazioni interessanti. Abbiamo trovato diverse persone che vendono armi in Bosnia, a diversi livelli, dal fucile da cecchino alla bomba a mano, ai kalashnikov e ai mitra con i silenziatori. Un testimone ci ha raccontato come fanno a portare i kalashnikov in Belgio e come tornano indietro con la cocaina, permutando il compenso in droga che riportano indietro imbottendo auto che vengono caricate su carri attrezzi”.
Quanto ai soldi che sarebbero stati pagati, secondo la procura di Sarajevo, ai presunti testimoni poi arrestati,
“abbiamo dato cento euro a questi manigoldi per essere credibili sulla nostra intenzione di provare il loro kalashnikov e di acquistarlo e ci siamo impegnati a saldare l’arma al momento della consegna”.
Per vedere il video del servizio di Luigi Pelazza per Le Iene clicca qui.