Secondo Kirsten Mildren, portavoce dell’ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), dall’incidente del 13 maggio sono state recuperate 42 persone ancora in vita, mentre sono stati individuati otto cadaveri e oltre cinquanta persone rimangono disperse.
Le imbarcazioni erano partite dalla città di Pauktaw proprio per fuggire prima dell’arrivo della tempesta Mahasen, attesa per giovedì sul litorale al confine tra Bangladesh e Birmania, dove potrebbe arrivare con forza di ciclone e venti fino a 130 km/h.
In vista dell’arrivo di Mahasen, il governo birmano e alcune organizzazioni umanitarie stanno provvedendo a evacuare migliaia di sfollati Rohingya dai campi più vicini al mare.
Molti operatori umanitari denunciano però il ritardo nella risposta del governo all’urgente necessità di evacuazione, e il pericolo che la tempesta distrugga le precarie tendopoli dei 120 mila sfollati.
La gestione dell’emergenza da parte delle autorità è vista da molti osservatori come un test dell’effettiva volontà di proteggere una minoranza (che molti birmani considera composta da ”immigrati bengalesi clandestini”) verso cui il governo è stato accusato di ”pulizia etnica’‘, dopo le violenze che l’anno scorso hanno causato almeno 200 morti nel Rakhine, evidenziando la crescente intolleranza della società birmana verso la minoranza islamica nel Paese.
In vista dell’arrivo di Mahasen, anche il Bangladesh è in stato di allerta. Nel novembre 2007, nel Paese il ciclone Sidr causò 3.300 morti e 800 dispersi, coinvolgendo 8,7 milioni di persone. Nel maggio successivo, il delta dell’Irrawaddy in Birmania fu invece sconvolto dal ciclone Nargis, che causò almeno 130 mila morti.