Gramellini a Saviano: “I Borbone avevano il bidet, ma Napoli non aveva le fogne”

Su Twitter un Roberto Saviano “neoborbonico”, in reazione al servizio sui “napoletani che puzzano”

TORINO – Da una parte il torinese Massimo Gramellini, vicedirettore della Stampa, dall’altra il napoletano Roberto Saviano, l’autore di Gomorra: in mezzo il servizio del Tgr Piemonte sui “napoletani che puzzano” (costato una sospensione al giornalista Giampiero Amandola) che ha innescato un botta e risposta su una delle ferite ancora aperte del Risorgimento italiano, l’uso del bidet.

Ha iniziato Roberto Saviano sul suo profilo Twitter: “Quando i piemontesi videro il bidet nella Reggia di Caserta lo definirono oggetto sconosciuto a forma di chitarra”, frase seguita da un link al contestato servizio di Amandola. Nella Reggia di Caserta dimoravano i Borbone, la dinastia spagnola di origini francesi che regnò su Napoli e il Mezzogiorno per 130 anni. I Borbone, fra i loro meriti, possono annoverare l’introduzione del bidet. Saviano avrà tratto spunto da questo video, che è circolato su Facebook e Twitter subito dopo il servizio anti-napoletano del Tgr Piemonte.

Nel video, che inizia con il coro da stadio “senti che puzza/ scappano anche  i cani/ stanno arrivando/ i napoletani”, il movimento “Vanto”, Valorizzazione Autentica Napoletanità a Tutela dell’Orgoglio, replica alle curve di mezza Italia con argomenti storici. Infatti vediamo Alberto Angela che spiega come “il Re Sole, probabilmente, entrò in una vasca da bagno solo tre volte in vita sua” mentre abitualmente “si lavava con delle spugnature d’aceto”. Invece “i Borbone di Napoli avevano un concetto più avanzato della pulizia […] ecco la stanza da bagno e un bidet del ‘700″. Sul video compare una scritta che rivendica la superiorità borbonica: “Quando nel 1860 il Piemonte invase il Regno delle Due Sicilie, depredando le ricchezze, i danari e le fabbriche del Sud per arricchire il Nord, i Savoia si impossessarono dei siti reali napoletani e fecero l’inventario di tutte le cose esistenti, di cui molte a loro sconosciute. Nella Reggia di Caserta i Savoia videro per la prima volta un bidet, e nell’inventario lo definirono ‘oggetto sconosciuto a forma di chitarra’”.

A Saviano e a tutti i borbonici di ritorno risponde Gramellini, nella sua rubrica quotidiana in prima pagina sulla Stampa: è vero che nella reggia i Borbone erano all’avanguardia nell’igiene personale, ma si erano dimenticati di dotare Napoli di un sistema fognario.

Quando si scriverà il libro più lungo del mondo – l’enciclopedia della stupidità umana – due righe verranno dedicate al servizio trasmesso l’altra sera dal Tg3 Piemonte. Il giornalista inviato a Juve-Napoli per uno di quei famigerati pezzi che si definiscono «di colore» chiede a un tifoso juventino se sia in grado di distinguere i napoletani dai cinesi in base alla puzza. Nella scenetta tutto è grottesco: l’intento ironico incomprensibile e persino il fatto che a discettare razzisticamente sui «terroni» sia un ragazzo dal vistoso accento meridionale. Un tempo il siparietto penoso non avrebbe oltrepassato le valli piemontesi, ma ormai la potenza della Rete amplifica le fesserie. Così la puzza dei napoletani (un po’ meno quella dei cinesi) è diventata argomento di discussione nazionale, riaprendo le solite ferite freschissime che risalgono al Risorgimento.

Anche Saviano si è sentito punto sul vivo e ha pensato bene di inzupparci la penna in modo spiritoso: «Quando i piemontesi videro il bidet nella reggia di Caserta lo definirono “oggetto sconosciuto a forma di chitarra”».
Vero: in Piemonte all’epoca non avevano i bidet. Però avevano le fogne. Mentre i rimpianti Borbone, per potersi pulire le loro terga nel bidet, tenevano la gran parte della popolazione nella melma. Ora, che agli eredi diretti di Franceschiello dispiaccia di non potersi più pulire le terga nel bidet in esclusiva, posso capirlo. Ma che i pronipoti di quelli che venivano tenuti nella melma vivano l’arrivo dei piemontesi come una degradazione, mi pare esagerato. Vedete un po’ dove ci ha portati quel servizio razzista. Comunque, a scanso di equivoci, per lo scudetto io tifo Napoli.

Parole, queste di Gramellini, che hanno provocato un’ondata di commenti negativi, da parte dei lettori soprattutto “borbonici”, da indurre il giornalista-scrittore a una precisazione serale, sul suo profilo Facebook, dei concetti espressi al mattino su La Stampa:

Coi Borbone ho toccato un nervo scoperto. Chiedo scusa.
Leggerò altri libri sull’argomento. La curiosità non mi manca, per fortuna, e credetemi, non ho pregiudizi a farmi da velo. Ho scritto un libro di storia con Fruttero in cui definivo la guerra al brigantaggio “il nostro Afghanistan”.
Mi rimane l’amarezza nel vedere che del mio intervento televisivo contro un prefetto – evento non proprio così diffuso in Italia – l’unico aspetto commentato sia stato l’uso di un aggettivo. Mi sento un po’ come quel prete che parlava di roghi tossici della camorra ed è stato attaccato dal prefetto per una parola.
Anche l’articolo di stamattina era anzitutto un attacco al servizio razzista del Tg3 ed è avvilente doverlo ripetere, doverlo addirittura spiegare.
La responsabilità è mia, sia chiaro.
Mi spiace che in giro ci sia così tanta rabbia, così tanto rancore pronto a esplodere alla prima incomprensione. Mi spiace leggere proprio sulla mia pagina, quindi da parte di persone che dovrebbero conoscere da tempo il mio modo di scrivere e di pensare, tanta cattiveria gratuita per un articolo che può essere o non essere condiviso, ma che non merita di etichettare in alcun modo il suo autore.

Sono le 21 e 20 di martedì, vi saluto e vado a scrivere il Buongiorno di domani con un filo di tristezza addosso.

Finita qui? No. Perché il movimento “Vanto” replica a Gramellini: le fogne a Napoli i Borbone le avevano fatte, ma i Savoia, ovvero il Regno d’Italia, non sono intervenuti per decenni sulla vecchia rete fognaria:

“la rete fognaria napoletana la fecero proprio Carlo e Ferdinando di Borbone nel Settecento mentre a Torino si dovette attendere il secolo successivo con Carlo Alberto; che i Borbone donarono a Napoli, la prima rete al mondo di acqua corrente nelle case; che diedero anche case con servizi igienici di cui ci sono ancora esempi tangibili nella mirabile comunità di San Leucio, all’epoca “Ferdinandopoli”; che fecero anche prevenzione idrogeologica (Regi Lagni e varie opere in tutto il meridione) poi cancellata dall’estensione dello Statuto Albertino che tanti dissesti ha provocato a tutto il territorio italiano. Semmai è stato proprio il mancato aggiornamento della rete fognaria borbonica a creare problemi dopo l’unità. Altro che non potersi pulire il popò! A Napoli ci si puliva avanti e dietro molto prima di Torino, questa è storia”.

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