In un Paese dove le donne escono di casa solo se coperte dalla testa ai piedi dal burqa e dove la guerra infuria quasi dappertutto, due donne si presentano candidate alle elezioni presidenziali in Afghanistan previste il 20 agosto sfidando pregiudizi e ostilità maschili che nel Paese esistono da sempre, a quanto riferisce The Huffington Post.
Le due ”temerarie” sono Shahla Atta, 42 anni, che del burqa se ne stropiccia e va in giro con unghie smaltate di rosa acceso ed agli occhi trucco scintillante. L’altra è Frozan Fana, 40 anni, meno appariscente, ma anche lei decisa – a dire il vero senza molte speranze – a spodestare l’attuale presidente, Hamid Karzai, impopolare, corrotto e disprezzato persino dagli americani che sono costretti a sorreggerlo come il male minore, ma praticamente destinato ad essere rieletto.
Molti afgani, specialmente nelle aree rurali, sono convinti che una donna non dovrebbe mostrare il volto se non a membri della sua famiglia. Ma questo non ha impedito a Atta e Fana di tappezzare i muri delle strade, specialmente a Kabul, con manifesti che mostrano il loro volto ”indecentemente” scoperto.
Non andranno lontano, ma il solo fatto che si presentino candidate e conducano apertamente una campagna elettorale viene considerato dagli osservatori un seppur piccolo passo verso l’emancipazione delle donne nel Paese Islamico. Specialmente quando si considera, osserva la deputata Shinkai Kharokhel, «che in Afghanistan per una donna è difficile persino invitare gente a casa per il tè per esporre le sue idee».
Senza contare i talebani, presenti ormai pressochè dovunque in Afghanistan, che durante il loro regime dal 1996 al 2001 bandirono le ragazze dalle scuole e ordinarono alle donne di stare rintanate in casa per accudire la famiglia, e che nell’imminenza delle elezioni hanno preso di mira le donne che fanno politica e hanno rivendicato in passato di aver ucciso donne-poliziotto e funzionarie del ministero degli Affari Femminili.
Nondimeno, mentre Atta si limita a fare campagna elettorale a Kabul e dintorni – già un’impresa non facile per una donna – Fana, un chirurgo ortopedico, non ha avuto paura di lanciarsi a capofitto nientemeno che nel sud dell’Afghanistan, un caposaldo dei talebani che include la provincia di Helmand dove da settimane furoreggiano aspri combattimenti tra americani, britannici e ribelli, una delle zone più esplosive del Paese.
Atta, un avvocato che esercita a Kabul, sostiene che le donne possono contribuire a riformare un sistema dominato da sciovinismo maschile e corruzione rampante. ”Il popolo dell’Aghanistan è stanco di questo andazzo”, ha dichiarato in una intervista al quartier generale della sua campagna nella capitale, ”miliardi di dollari in aiuti sono spariti senza che nessuno sappia che fine hanno fatto, e i miei nipotini saranno vecchi prima che Karzai decida di migliorare le cose, così spetta alle donne portare il cambiamento”.
La cosa strana è che non tutte le donne afgane appoggiano Atta e Fana, quando dovrebbe essere nel loro interesse viste le condizioni in cui le costringe a vivere l’attuale sistema. Il Movimento delle Sorelle Afgane, per esempio, che raccoglie 16 mila donne, preferisce appoggiare Ashraf Ghani, un candidato sicuramente non destinato a vincere ma che dice di essere a favore dei diritti delle donne. Homaira Haqmal, fondatrice del Movimento, spiega che è inutile votare per candidate donne, perchè anche se elette sarebbero messe in condizione di non poter far nulla dal sistema maschile dominante.
E poi c’e’ anche il fattore paura. Non tutte sono come le combattive Atta e Fana, che per affermare le loro idee sanno di rischiare la pelle. Ed è così che nelle province, proprio dove i costuni tradizionali sono più radicati, dozzine di seggi riservati alle donne non avranno alcuna candidata perchè nessuna si è presentata.