Genova e Napoli, due mondi a confronto. Due città simili, con i loro vicoli, con il profumo del mare, con i loro porti che rubano al mare lo sguardo verso la città. Genoa e Napoli, due squadre tanto diverse tra loro, negli schemi e nelle filosofie manageriali.
Il Genoa, la squadra del presidente Preziosi, è una società con ottime ambizioni, che ha trovato in Gasperini il tecnico capace di dare un’impronta identificativa, un gioco di insieme in cui valorizzare giocatori per poi fare plusvalenze cedendone i contratti. Tre, quattro inserimenti su una rosa di venticinque ogni anno, quanto basta a lasciare inalterati schemi ed organizzazione di gioco, un’amalgama che ha portato la parte “grifone” della città ligure a disputare l’Europa.
Il Napoli, araba fenice del presidente de Laurentiis, Lazzaro risorto dalla tomba del fallimento, ha ambizioni ancora maggiori supportate dalle immense potenzialità che il popolo napoletano del calcio alimenta e può alimentare ancor di più. Il Napoli non vende i suoi gioielli, li coccola, li sgrida, mostra i muscoli, ma alla fine i giocatori restano lì, a cercare di strappare un biglietto per l’Europa che conta, quel ticket che riporterebbe finalmente gli azzurri dove dovrebbero stare.
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