A Sergio Marchionne, dalla scorsa settimana direttore esecutivo del gruppo Chrysler, è bastato sedersi nel suo nuovo ufficio ad Auburn Hills (Michigan), il quartier generale del colosso automobilistico americano, per fare intuire a tutti che l’aria è cambiata.
Anzichè installarsi nella stanza extralusso all’ultimo piano del grattacielo Chrystler occupata dal suo predecessore Robert Nardelli, Marchionne ha preferito un ufficio più discreto, al quarto piano, all’interno del centro tecnico. «Vicino alla gente abituata a risolvere i problemi», dice lui.
Una decisione che i suoi nuovi “vicini di stanza” sembrano apprezzare: dopo 42 giorni di bancarotta controllata, per fare tornare la Chrysler ai fasti di un tempo, la cosa migliore è che il capo stia spalla a spalla con gli ingenieri e e i manager che devono prendere decisioni giorno per giorno. «È la dimostrazione che vuole davvero tenere in mano le redini», commenta uno di loro.
Il compito che il direttore esecutivo Chrysler e amministratore delegato della Fiat deve fronteggiare è di quelli difficili davvero. Il gruppo Chrysler è emerso dal “Capitolo 11” (la bancarotta pilotata) con un carico di debiti un po’ più leggero e col costo del lavoro più basso. Ma la procedura avviata dal presidente Barack Obama non può nulla sulle vendite: i numeri parlano chiaro, c’è stato un crollo degli introiti. E il trend, a oggi, sembra ben lontano dall’invertire la rotta. Anche perchè l’immagine dell’azienda è piuttosto malconcia.
Dallo scorso 30 aprile, gli stabilimenti sono in stand-by, come del resto il lavoro sui nuovi modelli. Il progetto più importante, la versione 2011 della Jeep Grand Cherokee, dovrebbe essere lanciato il prossimo aprile; ma Marchionne dovrà quasi sicuramente annunciare un ritardo. Stando ai fornitori, alcuni degli elementi chiave del modello sono ancora in alto mare: il motore, per esempio.
Gran parte della “cura Marchionne” per guarire la compagnia prevede un rapido livellamento della gerarchia per velocizzare le decisioni e lo spostamento dei top manager, che saranno tirati giù dalle loro alte sfere e chiamati a confrontarsi in modo diretto con la produzione e la vendita.
Il dirigente italo-canedese è anche determinato a costruire e consolidare una solida cooperazione tra la casa americana e la Fiat, che dallo scorso 10 giugno ha assunto il controllo della Chrysler. Per questo l’ufficio accanto a quello di Marchionne è stato attrezzato con schermi e microfoni: così i manager americani possono essere sempre in contatto tramite videoconferenza con quelli di Torino. Questo tipo di riunioni si tengono diverse volte alla settimana, e mister Sergio ha fatto capire senza mezzi termini che si aspetta che i top manager dell’una e dell’altra parte partecipino sempre. «O ci sei fisicamente, oppure devi telefonare: questi meeting non possono essere disertati», racconta un dirigente di Auburn Hills.
Il Marchionne-style riguarda anche il weekend: da quando la sopravvivenza di Chrysler è incerta, il nuovo direttore esecutivo ha detto agli alti quadri di aspettarsi di dovere lavorare – in ufficio – anche sabato e domenica.