Tempi di riforma per l’ordine dei giornalisti, istituzione che esiste solo in Italia, parto del genio di Benito Mussolini: nemmeno Stalin arrivò a tanto. Di fronte alla presa di posizione di Franco Siddi, che si ferma a un passo da una richiesta di abolizione, più che naturale la reazione dell’Ordine stesso e dei suoi massimi livelli.
Dopo quasi 50 anni, la legge numero 69 del ’63 che regolamenta la professione sembra ormai pronta per la pensione. O almeno è quello che si auspica unanimamente il settore. Anche se non mancano le divergenze per quanto riguarda le modalità di riforma.
Il Consiglio nazionale ha approvato a Positano (ma la prossima riunione la terranno in caserma all’Aquila, come il Governo) il 16 e 17 ottobre scorsi, un documento di indirizzo sul quale si basa una proposta di legge bipartisan firmata dai parlamentari Pisicchio, Zampa, Pionati, Mazzucca, Merlo, Giulietti, Rao, Salvini e Lehner. Tra i punti qualificanti lo snellimento del Consiglio Nazionale, la regolamentazione delle modalità di accesso alla professione, la modifica della composizione e delle procedure degli organi che giudicano sulle violazioni del codice deontologico.
«L’accesso è uno dei passaggi cruciali – spiega la firmataria del Pd, Sandra Zampa – e la speranza è che i giovani possano entrare in una professione che sia sempre meno precaria ed impiegatizia»: un lavoro che è scandito da orari e archi di impegno, turni riposi e straordinari è per forza impiegatizio. E poi, cosa c’è di vergognoso nel fare un lavoro impiegatizio? Se a un rappresentante della sinistra fa schifo il lavoro impioegatizio, ecco spiegato perché perdono voti tra gli impiegati.
Per sollecitare l’intervento del Parlamento in tempi brevi, l’odg ha deciso di dedicare la prima giornata dell’informazione, il 9 maggio scorso, proprio alla riforma con incontri e dibattiti in tutte le regioni italiane, organizzati singolarmente dai diversi Ordini regionali.
Nella cerimonia della giornata a Sassari è intervenuto Franco Siddi, segretario della Fnsi che ha proposto una riforma ancora più radicale di quella approvata dal Consiglio nazionale: un Consiglio di sole 12 persone affiancato da un giurì per la tutela della privacy e consigli regionali di 5 persone. Intoccabile, per Siddi, solo l’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine che regola autonomia professionale e rispetto delle fonti.
Una proposta che suona come una provocazione per l’ordine, come sottolinea il suo presidente Lorenzo Del Boca: «Siddi, per l’Ordine, vorrebbe dodici consiglieri nazionali (nemmeno uno per regione) ma gli vanno bene i 200 (fra consiglieri, revisori, probiviri) della Fnsi che dirige. Gli fa eco il vicepresidente Enrico Paissan che definisce «immotivata e stravagante» la proposta del segretario della Fnsi.
Del Boca bolla come «irrealizzabili» le proposte di Siddi e si preoccupa per il rischio che «i parlamentari più impegnati nel tenere in conto le nostre esigenze avranno la tentazione di chiamarsi fuori per evitare di inciampare in polemiche che li coinvolgerebbero direttamente». E conclude il suo commento, presente sul sito dell’ordine, affermando: «Per ottenere – fintamente – l’ottimo, si corre il rischio di rinunciare anche al buono».