La magistratura birmana ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato giovedì da Aung San Suu Kyi contro la condanna a ulteriori diciotto mesi di arresti domiciliari, inflittale l’11 agosto per aver violato le norme che ne disciplinano la reclusione a casa.
Lo ha annunciato uno dei legali della leader dell’opposizione nel Myanmar, Kyi Win. È stato dunque superato il primo, potenziale ostacolo. “Ora ambedue le parti, il governo e noi stessi, dovranno presentare le rispettive argomentazioni il 18 settembre prossimo”, ha precisato il legale di Suu Kyi al termine dell’udienza preliminare di secondo grado.
La premio Nobel per la Pace 1995 fu arrestata lo scorso maggio dopo che un sedicente predicatore mormone americano, tale John Yettaw, era misteriosamente riuscito a introdursi nella sua abitazione, una modesta villetta alla periferia della vecchia capitale dell’ex Birmania, Yangon, già nota come Rangoon.
Yettaw per la sua intrusione è stato a sua volta condannato a sette anni di lavori forzati, ma è poi stato scarcerato ed espulso verso gli Stati Uniti grazie alla mediazione del senatore americano Jim Webb, protagonista di un’inedita missione nel Paese asiatico.
Il prolungamento degli arresti domiciliari, ai quali la dissidente ha trascorso quasi quattordici degli ultimi diciotto anni, impedirà a Suu Kyi di agire con un minimo di autonomia in occasione delle future elezioni, promesse dal regime militare al potere nel Myanmar per l’anno prossimo.