Aveva scoperto la relazione della moglie con un’altra donna leggendo una e-mail trovata nel computer di casa. E aveva avviato, di conseguenza, le pratiche per la separazione e per l’annullamento del matrimonio da parte della Sacra Rota, servendosi però di una relazione dello psichiatra di coppia in cui emergevano chiari riferimenti alla e-mail “omosessuale” della moglie.
La donna, infuriata, aveva denunciato sia lui che lo psichiatra, ottenendo dal pubblico ministero la richiesta di una condanna a tre mesi per violazione del diritto alla privacy. Ieri, però, il giudice monocratico del Tribunale di Milano, Giuseppe Cernuto, li ha assolti, sancendo la prevalenza – sostenuta dalla difesa – del diritto alla verità su quello alla riservatezza.
Protagonista della vicenda, una coppia della provincia di Como, sposata con rito religioso dal 2001. Nel 2003, anno di nascita della prima figlia, la scoperta del marito, che per caso trova sul comune indirizzo di posta elettronica i messaggi che la moglie inviava a un’altra donna, con la quale presumibilmente intratteneva una relazione.
I due decidono di rivolgersi a uno psichiatra per tentare di risolvere i loro problemi, che invece non fanno che peggiorare. Così arrivano alla decisione di procedere con la separazione civile e, contemporaneamente, si rivolgono a un avvocato di Como per procedere con l’annullamento presso la Sacra Rota.
La pratica però richiede una relazione dello psichiatra di coppia, che non manca di citare la corrispondenza omosessuale della donna, descritta come lesbica e affetta da disturbi della personalità.
Scatta quindi la denuncia della moglie contro il marito e lo psichiatra, accusati di violazione della privacy, sottrazione di corrispondenza e ricettazione della e-mail. Dopo quattro anni di processo (e il ritiro della querela per diffamazione e ricettazione da parte della donna) arriva l’assoluzione del giudice: esclusa la violazione della privacy per la lettura della mail perché l’account era comune e la diffusione attraverso la relazione dello psichiatra in quanto il diritto alla verità – sostengono i difensori – prevale su quello alla privacy.
Sara Grattoggi
(Scuola Superiore di Giornalismo Luiss)