Nel resto del mondo se lo sognano, un premio così non esiste. E ce lo sogniamo anche noi, alzi la mano chi non sta partecipando al gioco più ingenuo e più coinvolgente che c’è: che ci faccio con 84 milioni di euro? Dunque, ci compro la casa, anzi la villa, anzi la reggia, quasi come quella di Villa Certosa. La casa, anzi le case, per i figli e i nipoti. Teniamoci larghi, anzi larghissimi: dieci milioni di euro per la casa, la piscina, la palestra, il parco, le terrazze, l’arredamento da film. E quattro milioni di euro per ogni sfizio del mondo: le macchine, i viaggi, i gioielli, i quadri… E dieci milioni li regaliamo al figlio o alla figlia… Ne restano sempre sessanta. Che pure se li metto in banca al due per cento, il due per cento me lo danno anche se non rischio niente comprando titoli di Stato, fanno sempre un milione e duecentomila euro l’anno di interessi da incassare. Centomila euro al mese di rendita. Ci paghiamo la servitù, lo shopping, l’utile e l’inutile a vita.
Giochiamo al Superenalotto, premio in palio appunto 83 milioni e settecentomila euro, il più alto del mondo e il più alto di ogni tempo. In realtà giochiamo a cambiarci la vita, ne discutiamo con noi stessi e con gli amici e i familiari. Ne parliamo per gioco ma non solo, è un gioco che ci accarezza la giornata. Quindi in ricevitoria a puntare cinque, dieci o cinquanta euro. E poi tenersi in tasca e guardare quella schedina, soprendendosi a pensare: e se fosse quella vincente che ci faccio? La veglio tutta la notte. Ma prima, prima che numeri mi gioco? Vado a caso o sempre gli stessi? Il gioco è aperto,si è iscritta, stavolta non è un modo di dire, mezza e più Italia.