Se l’incidente alla piattaforma della British Petroleum nel Golfo del Messico si fosse verificato in Italia, e in particolare nel mare Adriatico, “sarebbe stata la morte di tutto l’Adriatico, che ha fondali molto più bassi e un ricambio limitato”. Lo annuncia il Wwf che, per dare l’idea, ha sovrapposto, rispettando le proporzioni, la macchia di petrolio su una cartina del mare Adriatico.
“Incommensurabili” definisce l’associazione “gli impatti sulla biodiversità di questo mare ricchissimo, che ospita specie come squali grigi, verdesche, tartarughe marine, capodogli e perfino balene, e che, con l’apporto delle acque dolci del Po, favorisce la produttività dell’intero Mediterraneo”.
A questo andrebbe aggiunta la maggiore superficie costiera coinvolta: “in breve tempo – spiega il Wwf – grazie anche alla velocità delle correnti, la marea nera raggiungerebbe sia le coste italiane sia quelle balcaniche, con impatti gravissimi sugli ecosistemi costieri”, comprendenti aree come il parco del Conero, la riserva marina delle isole Tremiti, la riserva marina di Miramare, “tasselli fondamentali per l’ecosistema adriatico”.
Secondo l’associazione l’impatto sarebbe deleterio anche per l’economia, perché andrebbe a compromettere settori fiorenti come quello della pesca o dell’allevamento di molluschi. Ad oggi, continua il Wwf, circa 6.000 km quadrati di mare antistante la costa abruzzese sono interessati da richieste ed autorizzazioni di concessioni per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi.
“Certamente – afferma Dante Caserta, consigliere nazionale del Wwf Italia – le quantità e la profondità della piattaforma non sono paragonabili alle situazioni che interessano la nostra costa”, ma nonostante questo il Wwf torna a chiedere un intervento sulle autorizzazioni che si stanno rilasciando nel mare antistante la costa abruzzese, così come sulla terraferma, dove circa il 50 per cento del territorio abruzzese è interessato da richiesta di ricerca, estrazione e stoccaggio di idrocarburi.
