ROMA – Il conto alla rovescia alla distruzione di Roma, la città eterna, è ormai cominciato: mancherebbe ‘solo’ un mese al terribile sisma ‘previsto’ da Raffaele Bendandi, e la gente comincia a prendere le sue precauzioni. Le opzioni per scampare ad un’apocalisse annunciata sono molte: da chi adibisce la propria auto in modo da potervi passare la notte, sino a chi abbandona la propria casa per una ‘vacanza’ lontano da ogni presunto pericolo.
La questione, sollevata da Mario Tozzi in un articolo su La Stampa, è perché l’uomo subisca in maniera così profonda e intensa il fascino di una catastrofe, specialmente se annunciata da dubbi individui. Pensiamo alla ‘carriera’ di Bendandi: l’uomo dei terremoti avrebbe predetto 103 catastrofi naturali basando la sua teoria sulla considerazione che, come per le maree, la crosta terrestre è soggetta all’attrazione gravitazionale dei pianeti, che allineandosi in determinate configurazioni indurrebbero il sisma.
Una teoria priva di evidenze sperimentali e riferimenti scientifici, poiché partorita dalla mente di un uomo digiuno delle minime nozioni scientifiche necessarie alla comprensione ed alla spiegazione di un fenomeno naturale. Alla luce del ‘curriculum’ di quest’uomo, le cui previsioni comunque vaghe sulla data e sulla zona del cataclisma lasciano spazio alla libera interpretazione dei fatti, ciò che appare smepre meno comprensibile è il fermento e preoccupazione che tali predizione suscitano nella popolazione, che preferisce delle teorie senza fondamento all’evidenza scientifica.
Il clima di ansia e preoccupazione stupisce ancor maggiormente se si tiene conto, come fa notare lo stesso Tozzi, che tra le ‘profezie di Bendandi’, conservate nell’osservatorio di Faenza, il terribile terremoto dell’11 maggio 2011 a Roma non sia nemmeno citato. Altro aspetto che scarsamente potrebbe avvalorare l’autenticità di tali profezie è quello della ‘tempistica’: Bendandi pubblicizzava la sue profezie solo dopo il loro verificarsi, portando come prova dei biglietti recanti date precedenti al fenomeno, ma mai autenticati da notai.
Non solo previsioni vaghe, ma anche ‘prevedibili’: dire che tra un certo periodo di tempo si verificherà un terremoto in una qualunque zona nota come sismica nel mondo non avrebbe nulla di ‘profetico’, ma il suo valore altro non potrebbe essere che quello di mera constatazione su un evento naturale, il terremoto, che ricorre nelle zone, dette appunto sismiche, dove ogni giorno si verificano scosse continue, ma spesso impercettibili ai nostri sensi.
Il fascino che (purtroppo) l’uomo subisce dalla prospettiva di terribili catastrofi è difficile da combattere, specialmente perché ad attrarre maggiormente sono sempre le tragedie naturali e non, meglio ancora se altrui, che gli ricordino costantemente la sua fortuna all’esserne sopravvissuto. Forse preoccuparsi per un’apocalisse imminente, quale un disastroso terremoto o la fine del mondo tanto declamata dalle antiche profezie Maya, e fissata per il 21 dicembre 2012, risulta più facile: la grande catastrofe, predetta con metodi più che dubbi, attira l’attenzione, e produce un leggero clima di ansia e paura che scuote la routine delle persone ed aumenta gli audience.
Forse preoccuparsi delle ‘micro-catastrofi’ che ogni giorno interessano il pianeta, e che l’uomo contribuisce a favorire, è troppo difficile: richiederebbe una forte consapevolezza del proprio ruolo nelle problematiche climatiche e di inquinamento del mondo, ma soprattutto rappresenterebbero non delle ‘profetiche’ predizioni, ma piuttosto delle ostiche realtà scientifiche con cui fare i conti ogni giorno, e che non ci abbandonerebbero al passare, magari senza che nulla sia accaduto, del fatidico giorno dell’apocalisse annunciata.
