ROMA – Biglietti falsi che non sono falsi. Potrebbe sembrare una contraddizione in termini ma non lo è. Dopo Parentopoli c’è una nuova inchiesta che scuote l’Atac: quella su una possibile biglietteria alternativa, un sistema che secondo l’ipotesi accusatoria va avanti dal 2003. Insomma qualcuno stampa da anni biglietti falsi che ai controlli di bus e metro della capitale superano la prova, proprio come se conoscessero metodi di fabbricazione e controllo della casa.
Nel film “Prova a prendermi” in cui Di Caprio interpreta la parte di un abilissimo truffatore e Tom Hanks il poliziotto che ha dedicato la sua vita alla cattura del re della truffa c’è una battuta che sembra adatta a spiegare questa storia dei biglietti falsi ma allo stesso tempo veri come quelli veri: “Non sta falsificando assegni, sta emettendo assegni per conto suo”.
Fuori dallo schermo, a Roma e non ad Hollywood, non di assegni ma di biglietti dell’autobus si parla. Non di biglietti falsi nel senso stretto del termine, ma di biglietti veri emessi da qualcuno che si è sostituito all’Atac. L’inchiesta, nata dall’esposto di un sindacalista dei tabaccai, procede per due capi d’accusa: falso e truffa, ed è piena zeppa di strane coincidenze. Inchiesta contro ignoti, per il momento, che prende in considerazione un periodo di tempo che va dal 2003 sino al 2009, ma sono in corso ulteriori approfondimenti per capire se la vendita “parallela” sia continuata anche l’anno scorso. Una truffa potenzialmente milionaria quindi.
Gli inquirenti lavorano sugli ultimi sette anni di bigliettazione, da quando cioè l’Atac ha riportato in azienda questo settore dopo il bando del 1998 attraverso il quale era stato appaltato ad una società con sede in Australia, e questa è la prima coincidenza. L’Atac è “parte lesa” e sono in corso verifiche sui sistemi di controllo interni che hanno già portato al licenziamento di due impiegati: secondo indizio.
Ad agosto 2010, dopo quattro visite della Finanza, l’Atac ha istituito una commissione d’inchiesta e interrogato alcuni dipendenti scoprendo così che il sistema centrale era tarato sul livello di controllo più tollerante, motivo per cui i biglietti falsi venivano letti come buoni: ed ecco un’altra coincidenza. Inoltre, in alcune biglietterie, i dipendenti erano in grado di stampare titoli di viaggio autentici senza che l’informazione della vendita arrivasse ai terminali dell’Atac, bastava infatti staccare il cavo di rete al momento dell’emissione del biglietto, quando si dice un sistema di controllo inattaccabile.
E se è vero, come diceva un celebre poliziotto, che due fatti sono una coincidenza ma tre sono una prova, il sospetto che questa truffa sia nata proprio in seno all’azienda di trasporti capitolina sembra molto concreto. Gli inquirenti, come anche l’azienda, non si sbilanciano in questo senso, ma è chiaro che il danno economico per l’Atac è enorme, stimabile in alcuni milioni di euro.