E’ morta martedì pomeriggio, 14 settembre, a Roma a 95 anni Caterina Boratto, l’antidiva che piaceva a Fellini, Pasolini e Blasetti. Era nata a Torino il 15 marzo del 1915. I funerali dell’attrice si terranno giovedì 16 settembre a Roma alle 15.30 alla Chiesa di Sant’Eugenio a Viale delle Belle Arti.
Apparentemente altera e distaccata, ma in realtà timida, ribelle e sognatrice, Caterina Boratto è stata una presenza costante del cinema italiano degli anni ’30 e ’40, distintasi non solo per la sua bellezza luminosa e matura, ma anche per il suo talento. Fu su segnalazione dell’attrice teatrale Evelina Paoli, che la Boratto venne scritturata per la principale parte femminile nel film “Vivere!” (1937) di Guido Brignone, il cui protagonista Tito Schipa. Col celebre tenore nasce una storia d’amore, consolidata da un altro film insieme “Chi è più felice di me?”, sempre di Brignone.
Il regista Gennaro Righelli chiama l’attrice per interpretare accanto a Vittorio De Sica “Hanno rapito un uomo” (1938), divertente commedia dove la Boratto impersona una principessa russa. Il successo di “Vivere!” la rende famosa anche in America, procurandole un contratto settennale per la famosissima casa di produzione cinematografica Metro Goldwyn Mayer, nel 1939. Ma le vicende della guerra costringono l’artista a ritornare in Italia, prima ancora di poter esordire.
Il ritorno nella Torino dei bombardamenti si condensa in pagine di grande drammaticità , che fanno da sfondo all’amore per un eroe di guerra, il conte Guidi di Romena, che purtroppo morirà nel dicembre del 1942 in un incidente aereo. Caterina supera la disperazione grazie all’amicizia di Vittorio De Sica e di Giuditta Rissone. Un po’ di sollievo sembra darglielo la proposta del produttore Peppino Amato di interpretare “Campo de’ Fiori” (1943), che lei accetta subito. Sul set l’attrice incontra e si scontra con Anna Magnani, stringe amicizia con Aldo Fabrizi, Peppino De Filippo e col regista Mario Bonnard.
In Italia la Boratto riprende così la sua attività , partecipando soprattutto a film di genere melò. Durante le riprese di  “Il romanzo di un giovane povero”(1942), corrono voci di una storia d’amore tra lei e Amedeo Nazzari. L’autunno del ’44 è segnato da una serie di lutti e drammatiche vicende. Il fratello di Caterina, Renato, partecipa alla lotta partigiana mettendo a dura prova la notorietà e vita privata dell’attrice. Intanto nell’eccidio di Cefalonia muore l’altro fratello Filiberto. La salvezza per lei giunge dall’ospitalità offertale in una clinica di lusso torinese, la Sanatrix di Armando Ceratto. Il loro incontro porta a un matrimonio di guerra, affrettato e difficile, mentre la clinica è trasformata in un rifugio per partigiani di Giustizia e libertà e feriti di ogni fazione.
Nel dopoguerra si intrecciano vicende personali e artistiche: il ritorno a Roma dopo il disastro economico della famiglia Ceratto, la nascita della figlia Marina e l’incontro col grandissimo Federico Fellini che le propone emblematici ruoli in “8 ½” (1963) e “Giulietta degli spiriti” (1965). Seguono altre importanti esperienze cinematografiche: “Io, io, io… e gli altri” (1965) di Alessandro Blasetti, “Castle Keep” (La presa del castello, 1969) di Sydney Pollack e “Salò” o “Le 120 giornate di Sodoma” (1975) di Pierpaolo Pasolini. Negli ultimi anni sembra chiudersi il cerchio delle sue molteplici esperienze con l’operetta ( La principessa della Czardas) e il teatro pirandelliano di Giuseppe Patroni Griffi. Nei primi anni ’90 torna alla ribalta interpretando uno spiritosissimo serial televisivo, intitolato “Villa Arzilla”.