Un trionfo dell’eccesso, un viaggio nell’inferno texano senza possibilità di catarsi. Ma soprattutto l’ennesima lezione di vero cinema da parte di William Friedkin, uno dei pochi cineasti contemporanei capace di trovarsi a suo agio in qualsiasi genere. Thriller, azione, drammi, per il 77enne autore de L’esorcista non esistono barriere stilistiche. E “Killer Joe”, sua ultima fatica tratta da un testo teatrale di Tracy Letts, ne è una lucida testimonianza. Una commedia nera che si addentra nei meandri del pulp offrendo una panoramica spietata sull’ “horror domestico”, dipingendo personaggi privi di scrupoli, sgradevoli, immersi in un microcosmo di squallore e miseria. Il tutto magistralmente orchestrato dalla mano di Friedkin in un crescendo di iper-volenza e sarcasmo.
Ci troviamo alla periferia di Dallas. Un giovane pusher, Chris Smith, (Emile Hirsch), derubato dalla madre di una scorta di droga, si ritrova a dover saldare un debito di seimila dollari…Chris propone allora al padre alcolizzato (Thomas Haden Church) e alla sua seconda moglie Sharla (Gina Gershon) di far fuori la donna per incassarne l’assicurazione sulla vita. E’ qui che entra in gioco Joe Cooper (Matthew McConaughey), un insospettabile poliziotto che arrotonda lo stipendio uccidendo persone dietro un compenso di 25 mila dollari. Un uomo dai modi gentili ma spietato oltre ogni immaginazione. Tanto da accettare come caparra la piccola di casa Smith, Dottie (Juno Temple)…
Dialoghi sboccati degni del miglior Tarantino, una rappresentazione grottesca della provincia americana vicina alla tradizione dei fratelli Cohen, cast impeccabile ed ottima fotografia di Caleb Deschanel. E attenti al finale…tutt’altro che prevedibile. Sesso (la sequenza della coscia di pollo è già cult), atrocità, ironia e cattiveria a tonnellate. Astenersi anime candide e detrattori del cinema tarantiniano. Un vero spasso invece per gli amanti del genere. Una delle migliori black comedy degli ultimi 20 anni. Chapeau.