
«Se dovessi definire il mio “Nine”, direi che racconta le ossessioni, le fantasie, il travaglio intellettuale di un regista e artista, Guido Contini, l’alter ego di Fellini e quindi del suo Mastroianni in 8 e 1/2 ».
Rob Marshall, il 49enne regista di “Chicago” e “Memorie di una geisha”, sembra riflettere: «Il film ha una doppia andatura. Una è reale, nella Roma della metà degli anni Sessanta, l’altra è quella delle fantasie di Guido per le donne amate o desiderate. Non si tratta di un remake del film di Fellini, ma della sua reinvenzione, a partire dal successo che ha avuto il musical “Nine” a Broadway, fin dalla sua prima rappresentazione nel 1982 con Raoul Julia, e poi nel 2003 con Antonio Banderas». Così scrive il critico cinematografico del Corriere della Sera, Giovanna Grassi.
Ma — anche se a firma di un grande regista come Marshall e di sceneggiatori, star, autori e tecnici di somma fama e già quasi tutti vincitori di Oscar — è possibile imitare o riprodurre il mondo e l’immaginazione di Fellini, la complessità del suo 8 e 1/2 , la memoria dei sogni della Cinecittà degli anni Sessanta e l’italianità della Dolce Vita? Molti a New York si sono posti l’interrogativo al termine della prima e attesissima proiezione (l’uscita Usa è prevista a Natale, da noi il 22 gennaio), mentre sul web già si accendono le fazioni e si legge: «Sarà una americanata priva di gusto» e c’è già chi incita «a una protesta del mondo intellettuale italiano e di chi ha amato il visionario Federico».
A Hollywood si maligna pro e contro il film prodotto tra gli altri da Harvey Weinstein, che spera di portare la pellicola alla vittoria di alcuni Oscar. «Perché — dichiara il produttore di “Shakespeare in love” — se il musical ha una matrice americana autenticamente popolare, il film ha una verità di umori e sapori radicata nello spirito, nella cultura, nella vita di un’Italia del passato, che tutti ancora sognano».
La platea si è subito divisa in adoratori o in critici di Daniel Day Lewis nel ruolo di Contini, figlio della nostra Loren, «la Mamma», che (defunta da tempo) ritorna sullo schermo nel ricordo del bimbo di nove anni Guido.
Da qui il titolo “Nine” dovuto, però, anche al fatto che Federico aveva concesso i diritti, ma vietato l’uso di quello del suo film. La storia del musical, che all’ombra di 8 e 1\2 ha nutrito anche la creatività di Bob Fosse per All That Jazz e di Woody Allen per Stardust Memories , è infatti lunga. Affonda nel successo di Broadway firmato da tre autori, l’italiano Mario Fratti, l’americano Arthur Kopit, l’autore delle musiche e delle liriche Maury Yeston; gli ultimi due hanno collaborato anche al film di Marshall, ma la nuova sceneggiatura è stata scritta da Anthony Minghella e Michael Tolkin.
Mamma Loren è tutta colori e corsetti in uno dei numeri delle donne che popolano la fantasia di Guido. Sophia è felice di questo film: ribadisce che «Federico era un artista in tutti i sensi. Per lui i sogni e la vita a imitazione dell’arte, o viceversa, si confondevano. “Nine” è una festa per gli occhi nei numeri musicali e di danza. Per la mia Mamma, Yeston ha composto uno dei tre nuovi motivi, “Guarda Luna”. Era sempre stato un miraggio per me interpretare un musical hollywoodiano».
Racconta Daniel Day Lewis, che nella prima sequenza appare in bianco e nero mentre, solitario, si siede angosciato nello studio 5 di Cinecittà, dove già è avviata la macchina del suo nuovo film intitolato «Italia»: «I flashback in bianco e nero di Guido riportano i suoi freudiani travagli. Si accendono di colori nei numeri musicali, che hanno come prime attrici le donne della sua realtà o della sua fantasia».
Ecco, quindi, l’amante Carla (Penélope Cruz) tentare il suicidio, ma anche ballare e cantare «A call from the Vatican » (nel film ci sono anche cardinali e pretini); l’amata, ma sempre tradita moglie Luisa (Marion Cotillard, che canta «My husband makes movies» ed è la vera co-protagonista); la diva-divina Claudia Jensen (Nicole Kidman) che è una sorta di Anita Ekberg con qualcosa di Brigitte Bardot, Sandra Milo e Monica Vitti, un’apparizione nel suo numero «Unusual Way».
L’animalesca Saraghina è una stupefacente Fergie e canta anche il motivo finale «Be Italian» (vivi l’oggi come se fosse il tuo ultimo giorno) mentre Donatella (Martina Stella) è suggerita per il cast dal tuttofare Dante (Ricky Tognazzi). La giornalista di moda (Kate Hudson) si rivela una fan di Guido ossessionandolo con il motivo «Cinema italiano». La costumista e matura amica di sempre, Lilly, quasi una seconda mamma, stupirà tutti con una Judi Dench nel suo numero ambientato alle Folies Bergère. Penélope suggerisce appassionatamente: «Carla è vulnerabile, ma consapevole, come la moglie del suo amante, che Contini nutre con segreta energia delle sue fantasie per le donne e dei suoi incontri con loro».
Marshall sottolinea che il film, con auto d’epoca e tutto il nostro glamour di abiti, scarpe e alberghi, riporta l’eleganza dell’Italia di ieri, con Via Veneto, i Fori, il Colosseo». E Guido Contini, in una dolorosa sequenza, passandosi le mani nei capelli imbiancati nel suo ritiro ad Anguillara, osserva: «Ho distrutto, forse, tutto» .