Delle decine e decine di candidati al ruolo di autore, sono solo un pugno ad aver ottenuto delle adesioni consistenti, tra questi il filosofo Francesco Bacone, il sesto conte di Derby, lo scrittore Christopher Marlow e il diciassettesimo conte di Oxford. E’ quest’ultimo, Edward de Vere, che oggi rappresenta l’alternativa più accreditata, o in ogni caso più diffusa.
L’ipotesi de Vere è oggi sostenuta e pubblicizzata, grazie dalla recente uscita di un film di Roland Emmerich, regista tedesco ma ambientato ad Hollywood. Nel thriller in costume Anonymous il diciassettesimo conte di Oxford è un prodigio letterario, amante della regina Elisabetta, dalla quale ha pure un figlio. Per sfuggire alla censura, il conte sfrutta un uomo di paglia, William Shakespeare, un assassino analfabeta sotto il cui nome fa mettere in scena e pubblicare i suoi testi.
Le vicende della storia, una ribellione fallita a cui il conte partecipa, segnano la fine tragica dell’autore delle immortali pièce e il trionfo dell’impostura nel segno dell’ignorante e rozzo Shakespeare, sotto il cui nome verranno ormai, e per secoli, pubblicati i testi di de Vere.
Il film non ha mancato di far discutere, le reazioni stizzite non si sono fatte attendere. Il New York Times ha pubblicato ben due articoli per ribadire l’inconsistenza della tesi de Vere e un critico ha bollato il film come una «volgare barzelletta sulla tradizione letteraria inglese». Come sempre, il dossier Shakespeare diventa il terreno di scontro su cui si affrontano i custodi della tradizione e gli iconoclasti professionisti.
Rimane la consapevolezza che probabilmente non sapremo mai la verità , e saremo sempre in preda a verità incerte o a fantasiose teorie. Ma in fondo che importa? Shakespeare può essere stato chiunque, anche Maria Stuarda, e soprattutto chiunque può immaginarlo come vuole, uomo o donna, povero o ricco, onesto o assassino, bruno o rossiccio. Quanto poco contano queste cose di fronte alla potenza dei suoi versi e alle emozioni che esse suscitano da generazioni?
