Ventotto anni dopo Tron, prima pellicola a parlare di realtà virtuale e cyberspazio, la Disney torna a deliziare i fan dello sci-fi anni ’80 con un sequel da ben 170 milioni di dollari. Tron Legacy 3D, diretto dall’esordiente Joseph Kosinski – con Steven Lisberg già regista del precedente film nelle vesti di produttore e l’impiego di ben sei art director -, costituisce senza alcun dubbio un capolavoro di animazione digitale.
Il film racconta la storia di Sam Flynn (Garrett Hedlund), 27enne esperto di informatica che indaga sulla misteriosa scomparsa del padre Kevin (Jeff Bridges) – genio dell’elettronica protagonista del primo Tron – di cui si sono perse le tracce nel 1989. Nel corso delle sue ricerche, il giovane sarà risucchiato nell’universo virtuale creato da suo padre che vive lì dal giorno della sua sparizione. Un mondo parallelo dominato dal malvagio Clu – alter ego digitale di Kevin Flynn -, intenzionato a riaprire il portale che consentì al suo creatore di entrare nella rete…
Più che un seguito, Tron Legacy può considerarsi un’evoluzione del suo predecessore, ideato essenzialmente come un pirotecnico videogioco cinematografico. Punto forte della pellicola di Kosinski non è certo la trama, approssimativa soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi ed in particolar modo nel rapporto padre figlio tra Sam e Kevin, ma l’eccellente utilizzo della visione stereoscopica del 3D. Tron Legacy è per questo volutamente suddiviso in due parti: la prima ambientata nel mondo reale – mostrata normalmente in 2D – , la seconda immersa nella rete digitale per lasciar spazio all’uso di sontuose scenografie tridimensionali.
Il risultato è un mirabolante viaggio tra pianure nero cobalto e strade fosforescenti, duelli in stile Matrix ed inseguimenti su moto ipertecnologiche. Un autentico tripudio di effetti speciali capace di reggere il confronto con il pluripremiato Avatar di James Cameron. L’alternarsi di paesaggi lunari e ambienti alla Escher, esaltati da colori freddi e luci al neon, rendono Tron Legacy un’esperienza visiva assolutamente affascinante. E poco importa se Kosinski nel ricreare alcune atmosfere peschi a pieni mani da vari capolavori del genere fantascientifico (in particolar modo 2001 Odissea nello spazio, Blade Runner e il già citato Matrix).
Il giocattolo funziona alla perfezione nonostante una trama quasi inesistente. Merito non solo della tecnologia grafica ma anche di un cast eccellente – con uno Jeff Bridges in versione santone zen a dir poco spassoso -, di un montaggio dinamico e di una colonna sonora – opera dei francesi Daft Punk – perfetta nell’amplificare la regia visionaria dell’ex architetto Kosinski. L’importante è inforcare gli occhialini 3D e abbandonarsi al divertimento.