BELGRADO – Un’altra vittoria, a sorpresa, del fronte se non anti-europeista meno europeista: è quella che in Serbia ha visto uscire vincitore dalle urne non il presidente uscente e filo-Ue Boris Tadic, ma il conservatore nazionalista Tomislav Nikolic.
Nikolic è risorto dopo essere stato sconfitto due volte nel 2004 e nel 2008, imponendosi su Tadic, che ha ammesso subito la sconfitta.
I risultati parziali diffusi nella serata di domenica 20 maggio dalla commissione elettorale e dal Centro di monitoraggio elettorale CeSID danno a Nikolic un vantaggio che oscilla fra uno e tre punti.
La commissione elettorale ha riferito in serata che, con il 47,7% delle schede scrutinate, Nikolic è in testa con il 50,21% dei voti, rispetto al 46,77% dei consensi andato a Tadic.
Il CeSID, da parte sua, ha parlato di un vantaggio consolidato di almeno due punti percentuali che, ha sottolineato, difficilmente verrà colmato, anche perché si attende il risultato del Kosovo, dove l’elettorato è in maggioranza di tendenza conservatrice.
Le tv indicano anch’esse un vantaggio di almeno due punti per Nikolic, in testa con il 48-49% rispetto al 46-47% di Tadic.
”Esiste la giustizia divina. La Serbia da stasera ha un nuovo presidente. Ho vinto grazie a tutti i cittadini della Serbia”, ha detto Nikolic, che ha sottolineato tuttavia la sua intenzione di continuare sulla strada dell’integrazione europea del Paese.
”La Serbia manterrà il suo corso europeo. Questa elezione non era su chi porterà la Serbia verso la Ue ma su chi regolerà i problemi economici creati dal Partito democratico (Ds, di Tadic)”, ha aggiunto il leader conservatore parlando ai giornalisti nella sede del suo Partito del progresso serbo (Sns).
Poco dopo, Boris Tadic ha ammesso la sconfitta, congratulandosi con il suo avversario. ”Mi congratulo con Tomislav Nikokic per la sua vittoria meritata. Gli auguro successo, anche se avrà di sicuro un compito molto difficile”, ha detto il presidente uscente, che ha detto di ”non essere deluso”.
”Abbiamo avuto tempi molto difficili, era logico che gran parte della responsabilità sarebbe caduta sulle mie spalle”, ha ancora osservato Tadic con riferimento alle crescenti difficoltà economiche vissute dalla Serbia anche a causa della generale crisi globale.
”Nessuno in Europa in questi quattro anni è rimasto al potere dopo le nuove elezioni”. Tadic ha comunque fatto appello a tutte le forze politiche a non abbandonare l’orientamento europeo della Serbia. ”Ciò sarebbe un grave errore”, ha detto.
Tadic, riformatore e europeista convinto, aveva basato la sua campagna elettorale sull’accelerazione del cammino europeo della Serbia e sul miglioramento della situazione economica del Paese, in primo luogo con l’attrazione di nuovi investimenti stranieri.
Lo scorso marzo Bruxelles ha concesso a Belgrado lo status di Paese candidato, premiando il corso di riforme democratiche e liberali di Tadic, ma anche la cattura degli ultimi criminali di guerra (Karadzic, Mladic e Hadzic) e l’avvio del dialogo con Pristina per una soluzione negoziata della crisi del Kosovo.
Nikolic, un ex estremista nazionalista convertitosi su posizioni più moderate e tiepidamente favorevoli all’integrazione europea (nel 2008 uscì dal Partito radicale serbo dell’ultranazionalista Vojislav Seselj, attualmente sotto processo per crimini di guerra al Tribunale dell’Aja, per fondare il suo Sns), ha capitalizzato il malcontento popolare per la precaria situazione economica.
Alla vigilia del ballottaggio tuttavia aveva ottenuto l’appoggio dell’ex premier conservatore Vijislav Kostunica, apertamente contrario all’adesione della Serbia alla Ue. Questo aveva indotto Tadic ad accusare Nikolic di posizione poco chiara sulla prospettiva europea del Paese.
Alla sconfitta di Tadic ha contribuito probabilmente anche la scarsa affluenza alle urne – non dovrebbe superare il 45% – che ha premiato evidentemente l’elettorato più disciplinato e determinato di Nikolic.