VIENNA – Migranti, la Austria mette un limite agli arrivi (non più di 80 al giorno) e la Slovenia schiera l’esercito al confine: con la fine della libera circolazione stabilita dal trattato di Schengen la rotta dei Balcani viene di fatto bloccata, prospettando una ripresa degli arrivi dal Sud, attraverso il Mediterraneo.
Vienna ha annunciato la quota giornaliera per i profughi, spiegando che non accetterà più di 80 domande d’asilo al giorno. Il ministro dell’Interno austriaco Johanna Mikl-Leitner ha chiarito che verranno fatte transitare non più di 3.200 persone al giorno “che vogliono trovare tutela internazionale in uno Stato confinante”. Questo doppio tetto avrà validità “fino a nuovo ordine” e suddiviso a ore nel corso della giornata.
Nel caso uno dei due limiti venisse superato, gli ingressi verranno temporaneamente sospesi. Per Mikl-Leitner “è importante che ciascun Paese sulla rotta balcanica agisca in maniera restrittiva alle frontiere”. Ma la decisione austriaca preoccupa non poco gli albergatori del Brennero, che temono effetti sul turismo, come spiega Domenico Pecile sul quotidiano Messaggero Veneto:
“Per sabato il Pd ha promosso una catena umana transfrontaliera al Brennero per protestare contro le barriere accogliendo anche il grido d’allarme del comparto turistico che teme un crollo degli affari”.
Che l’Italia abbia paura di ritrovarsi con migliaia di migranti fermi al confine lo conferma il fatto che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha chiesto all’Unione europea di rivedere il principio di Dublino che “continua a essere in vigore, ma è sbagliato e non funziona”, come sottolinea Mattia Pertoldi sul Messaggero Veneto:
“Renzi, su questo argomento, insiste da tempo, ma in questo momento è conscio della necessità di modificare il prima possibile l’attuale obbligo per i migranti, contenuto proprio nel regolamento di Dublino, di chiedere asilo nel Paese di approdo”.
Ma, sottolinea Pertoldi sul quotidiano veneto:
“Al di là della – comprensibile – irritazione di palazzo Chigi, però, la stretta austriaca, di fatto, blocca, o quantomeno rallenta fortemente, la rotta balcanica. Una decisione che il cancelliere austriaco Werner Faymann si augura «venga presto seguita dalla Germania» e che di fatto rappresenta la tappa finale di un processo di chiusura della rotta lungo l’ex Jugoslavia avviata mesi fa dall’Ungheria di Viktor Orban che sigillò le proprie frontiere con Serbia prima e Croazia poi per impedire il passaggio dei migranti”.
Nelle stesse ore dell’annuncio austriaco, il governo di Lubiana ha deciso l’impiego dell’esercito, ma con competenze uguali a quelle delle forze dell’ordine di polizia regolari, per il contenimento della crisi dei migranti nel caso il flusso si protraesse nel tempo. Spiega Mauro Manzin sul Piccolo:
“Le decisioni austriache innescano un pronosticabile effetto domino. Il governo della Slovenia si è riunito ieri proprio per discutere come reagire alle nuove misure sui migranti decise dall’Austria. La paura di Lubiana è sempre la stessa: rimanere con il classico cerino in mano, ossia diventare un enorme campo profughi quando Vienna avrà chiuso i suoi confini, cosa prevista per il mese di marzo, come affermato dal ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, anche se va precisato che Vienna sta esaminando da un punto di vista del diritto internazionale e comunitario il provvedimento in base al quale nel 2016 non accetterà più di 300.700 richiedenti asilo. (…) Sostanzialmente sono tre i punti decisi da Lubiana: innanzitutto un’intensificazione del controllo dei confini di Schengen in modo tale da permettere l’ingresso nel Paese unicamente ai migranti che hanno le credenziali per farlo.
(…) secondo provvedimento prevede l’attivazione dell’esercito per cui il governo chiederà il permesso al Parlamento affinché gli uomini in mimetica possano svolgere compiti particolari al confine con la Croazia a partire dal prossimo 22 febbraio. Il terzo punto approvato dal governo riguarda la lista dei cosiddetti “Paesi sicuri” ossia quegli Stati la provenienza dai quali non dà diritto a chiedere asilo politico. Questi sono: Algeria, Albania, Tunisia, Turchia, Marocco, Bangladesh, Egitto e i Paesi dell’ex Jugoslavia”.