NIZZA – “Quando ho visto il camion, con i morti che volavano ovunque, ho capito subito. E mi sono lanciato contro l’attentatore”: a parlare è l’uomo che la sera del 14 luglio scorso sulla Promenade des Anglais di Nizza si è scagliato con il suo motorino contro il camion bianco guidato sulla folla da Mohamed Lahaouiej Bouhlel.
Lui, Franck, un impiegato dell’aeroporto cittadino di circa cinquant’anni, quella sera era lì con la moglie. Anche lui, come molti altri, celebrava la festa nazionale. E quando ha capito quel che stava accadendo non c’ha pensato due volte a fare tutto quello che poteva con il suo scooter.
Franck ha raccontato quei momenti a Guillaume Bertolino di Nice Matin (traduzione di Daniela Maggioni per il Corriere della Sera).
Franck, che cosa aveva previsto di fare la sera del 14 luglio?
«Avanzavamo tranquillamente sulla Promenade des Anglais. Avevamo fatto tardi per i fuochi d’artificio. Allora ho detto a mia moglie: andiamo a mangiare un gelato sul viale Saleya. Mi rivedo mentre attraversiamo l’incrocio di Magnan, tutto andava bene. Incontravamo la gente che cominciava a rientrare nelle case. Quando abbiamo visto arrivare il camion…» .Dove si trovava in quel momento?
«Eravamo in mezzo alla strada. (…) Non ho nemmeno avuto il tempo di guardare nel retrovisore: il camion m’ha sorpassato. Correva sul marciapiede. Ho davanti agli occhi l’immagine dei corpi che volavano ovunque. Ho subito capito. Mia moglie, seduta dietro di me, mi tirava il braccio. Mi sono fermato. Le ho detto: scappa via! E ho accelerato» .Attorno, l’apocalisse…
«Era orribile. Per raggiungere il camion, bisognava fare lo slalom fra vivi e morti. Andavo a tutta velocità. (…) Sono riuscito a mettermi alla sua sinistra» .Non ha pensato che stava rischiando la vita?
«Mi sono posto la domanda: cosa puoi fare con il tuo piccolo scooter? È allora che l’ho scagliato contro il camion. Ho continuato a corrergli dietro. (…) Alla fine son riuscito ad attaccarmi alla cabina» .Riesce allora ad avvicinarsi a Bouhlel, l’attentatore…
«Ero sul predellino a livello del finestrino aperto. L’ho colpito e colpito ancora, sul volto. (…) Lui non diceva nulla» .Ha cercato di spararle?
«Sì, ma la pistola non funzionava. Mirava, premeva il grilletto, ma non funzionava» .Perché non ha mollato la presa?
«Ero lucido e pronto a morire per fermarlo. E continuavo a colpirlo. Ho cercato di tirarlo fuori dalla cabina attraverso il finestrino. Perché non riuscivo ad aprire quella maledetta porta. E colpivo ancora. Allora, mi ha dato un colpo in testa. Mi hanno poi messo dei punti. Sono caduto dal marciapiedi e sono risalito subito. Finché la pistola si è messa a funzionare. Ha sparato un primo colpo in aria. Poi, contro di me» .E la polizia è arrivata?
«Ho effettivamente sentito dei rumori. Era la polizia che cominciava a sparare. (…) Sono allora scivolato fra le ruote del camion. Mi sono messo a pancia in giù, la testa girata su un lato. Sparavano in tutte le direzioni…» .L’assalto finale. Che ha fatto dopo?
«Sono venuto fuori, e mi sono fatto fermare dalla polizia che ha dovuto logicamente pensare che fossi un terrorista. Poi ho vomitato (…)».