PARIGI – Quindicimila auto richiamate ancor prima di essere messe in commercio e altre 700mila già vendute che potrebbero dover tornare in fabbrica. Questo il bilancio della casa automobilistica Renault sulle auto da richiamare per aver superato la soglia delle norme anti inquinamento dei suoi motori. Dopo lo scandalo che ha travolto la Volkswagen, anche la Renault è finita nel mirino delle auto inquinanti vendute per regolari. Ad annunciare il richiamo in fabbrica di 15mila auto è stata Segolene Royal, ministro dell’Ecologia Francese.
Sulla cifra allarmante dei 700mila possibili richiami, però, nel pomeriggio di oggi 19 gennaio è arrivata la secca smentita da parte del gruppo automobilistico francese.
L’edizione on line del quotidiano Les Echos scrive che mentre 15.000 auto saranno richiamate in fabbrica ancora prima della commercializzazione, i proprietari di auto già in circolazione potranno chiedere a partire da luglio se sul loro veicolo sia necessario intervenire per un’operazione di messa a punto gratuita.
In una intervista a radio RTL, la Royal ha spiegato che il richiamo è stato deciso il 18 gennaio la Renault è stata convocata dalle autorità francesi al ministero dell’Ambiente e
“Si è impegnata a richiamare 15.000 veicoli per una verifica e una corretta regolazione, affinché il sistema di filtraggio funzioni in tutte le condizioni termiche”.
Tra i modelli sotto accusa, secondo il quotidiano Les Echos, ci sarebbero le monovolume Renault Espace 5 e Opel Zafira, che avrebbero riportato una discrepanza che supera fino a 10 volte la soglia di legge per le emissioni durante la guida su strada. Questi i primi test della commissione, che il quotidiano economico francese sostiene vadano considerati con cautela, perché condotti su un numero decisamente limitato di veicoli.
Al momento i veicoli sembrano sforare le emissioni di anidride carbonica e di ossido di azoto, ma il ministero dell’Ambiente francese non parla ancora di frode, perché non sarebbe stata rilevata nessuna manomissione al software che controlla le emissioni, come invece era accaduto per Volkswagen al tempo del “Dieselgate”.