Natali, uno dei trans protagonisti del caso Marrazzo, ha passato 8 mesi nel carcere di Rebibbia: è questo uno dei particolari più rilevanti che sono venuti fuori dalle indagini condotte sul “sexy-gate” laziale.
Natali ha scontato una pena per sfruttamento della prostituzione: il trans brasiliano offriva protezione agli altri “colleghi” che “battevano” sulle strade della zona Nord di Roma, e nella maggior parte dei casi imponeva una sorta di “pizzo” ai transessuali.
«Tra gli otto e i diecimila euro a persona — racconta uno dei trans “ricattati” — e se non pagavi c’erano ritorsioni. Dai danni alla fiancata dell’auto del cliente, fino alle minacce e alle pressioni psicologiche. In qualche caso venivi sfrattato dall’appartamento. E non va dimenticato che Natali conosce ognuno di noi, la famiglia da cui proviene: l’ho sentita di persona minacciare ritorsioni sui parenti di chi non si sottomette».
Un business molto redditizio, che in quella zona della capitale era tanto noto che molte si queste persone erano conosciute come “le figlie di Natali”.
Il trans era particolarmente efficiente nella gestione della sua “attività”, e chi “sgarrava” pagava: un trans ha detto di aver smesso di pagare il “pizzo” poco dopo il 2000. Dopo poco si è ritrovato l’auto bruciata e ha subito una serie di furti.
