ROMA – Daniele De Santis è stato condannato a 26 anni per l’omicidio di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ferito con un colpo di pistola nel giorno della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina e morto quasi due mesi dopo. Una sentenza giusta secondo la mamma di Ciro. Ma una sentenza che, incredibilmente, causa anche delle proteste. C’è l’avvocato di De Santis, Tommaso Politi, che giustamente fa il suo lavoro. Per tutta la durata del dibattimento ha puntato su una linea, quella della legittima difesa. E lo ribadisce, il giorno successivo alla condanna, in un editoriale firmato sul quotidiano Il Tempo.
Parla di sentenza già scritta prima, Politi:
Processo mediatico: entri in aula e trovi l’idea di colpevolezza del tuo assistito che è già lì seduta.
Poi ricostruisce dal punto di vista della difesa quel giorno maledetto. Lo fa da avvocato, in modo chiaro e convincente.Ma è il suo ruolo, il suo dovere, quello di difendere De Santis:
Al centro sportivo Boreale è in corso una partita. Improvvisamente si sentono provenire dalla strada delle esplosioni, «un bombardamento atomico», diranno i testi. Il guardiano del centro, panino e birra in mano, dice al barista «vado a vedere che succede». Quel guardiano è De Santis, quel circolo è casa sua. In quel momento ha due amiche in casa e ha appena chiamato il vicino per chiedergli di comprare il cibo per i cani. Raggiunge il cancello, è solo, a volto scoperto, la solita tuta, non è armato. Sul viale trova i resti del «bombardamento»: petardi e fumogeni esplosi da un corteo di tifosi napoletani. In uno sciagurato moto di stizza ne raccoglie un paio e li rigetta verso i pullman assiepati di fronte. Quello che succede subito dopo, lo ricostruisce una perizia collegiale del RIS: viene rincorso da almeno trenta tifosi spuntati da tutte le parti («volevamo dargli una lezione», ammetterà uno di loro).
I testimoni lo descrivono mentre cerca di scappare, prova a ripararsi dietro il cancello, nel tentativo di chiuderlo si divelle un piede (rimarrà attacato alla gamba «per brandelli di muscoli e cartillagini»), viene sprangato e accoltellato ripetutamente. Ormai è braccato, una maschera di sangue, ha perduto gli occhiali, cade a terra. Non serve essere un luminare del diritto per capire che, a questo punto, una reazione, anche armata, non può che assumere i connotati della legittima difesa. Ma De Santis dichiara che lui di armi non ne aveva, che l’ha strappata di mano a un aggressore mentre lo colpiva al capo. Pour cause, anche questa circostanza trova riscontro nella perizia balistica (la pistola è stata certamente colluttata prima degli spari). I medici legali aggiungono che i colpi sono stati esplosi in una manovra disperata, senza mirare, da terra, con gli aggressori riversi su di lui, mentre le coltellate generavano una pozza ematica di ben 10 centimetri. In qualunque letteratura giuridica, questo sarebbe un caso di scuola di legittima difesa. Ma il diritto è uguale per tutti, tranne che per De Santis, che aveva solo il diritto di crepare. Un mostro non ha facoltà di difendersi. Al più, se lo fa, merita le attenuanti generiche.
Sul sito web di Leggo, invece, Daniela Loiacono riporta la posizione di tanti tifosi della Roma che chiedevano l’assoluzione di De Santis:
Non ci stanno. Il mondo degli ultrà giallorossi si stringe attorno a Daniele De Santis: «Andava assolto», il coro quasi unanime che si alza via etere nelle radio romaniste e sui numerosi commenti sulle pagine facebook dedicate all’omicidio di Ciro Esposito.
Daniele Gastone De Santis è un tifoso della vecchia guardia giallorossa: un lungo passato da ultrà romanista e ieri condannato per la morte del tifoso napoletano di 30 anni deceduto due anni fa per un colpo di pistola ricevuto durante gli scontri fuori dall’Olimpico, in occasione della finale di Coppa Italia del 4 maggio 2014. Gastone, così è da sempre conosciuto De Santis nell’ambiente del tifo giallorosso e dell’estrema destra romana, è stato condannato ieri a 26 anni di carcere. Ma il difensore, Tommaso Politi, ha confermato la sua tesi anche fuori dall’aula giudiziaria: «Non mi aspettavo questa sentenza, mi aspettavo un proscioglimento perché le nostre argomentazioni erano solide, suffragate da tanti testimoni che hanno raccontato che De Santis ha tentato di sottrarsi a un linciaggio. Per questo mi sarei aspettato un proscioglimento per legittima difesa».