È stata scoperta una fitta rete di medici ospedalieri compiacenti e corrotti che, insieme ad una serie di titolari di farmacie riscuotevano rimborsi dal Servizio sanitario nazionale grazie a finte prescrizioni di costosi medicinali perlopiù antitumorali. I pazienti a cui destinati i farmaci inoltre, non ne sapevano nulla, oppure erano inesistenti o morti.
L’organizzazione operava in varie province dell’Emilia Romagna, Bologna, Ravenna, Rimini e Ferrara e in alcune regioni del Centro Italia. Secondo i carabinieri, l’entità della truffa è quantificata in oltre un milione di euro: i denunciati sono in tutto 43 persone e ingenti quantità di farmaci sono stati inoltre sequestrati. Le farmacie coinvolte sono della provincia di Bologna e di Ravenna, i medici e operatori sanitari sono di vari ospedali delle province di Bologna, Rimini, Ravenna e Ferrara.
Tutti gli indagati dovranno rispondere del reato di associazione per delinquere e truffa ai danni dello Stato. Ad alcune delle persone e a vario titolo, sono stati contestati anche i reati di corruzione, falso ideologico e comparaggio. Nell’indagine sono indagate a piede libero 43 persone di cui 38 medici universitari ed ospedalieri di diverse province dell’Emilia Romagna che operavano nel settore legato alle malattie tumorali (oncologi, radioterapisti, ematologi): venticinque tra questi sono risultati dipendenti dell’ospedale S.Orsola di Bologna.
Per la loro compiacenza, alcuni camici bianchi venivano corrotti ricevendo oggetti come macchine fotografiche, impianti hi-fi, televisori. Nelle abitazioni di questi, sono stati sequestrati beni per un valore di oltre 25mila euro. oltre a questo metodo venivano assicurati rimborsi spese per viaggi e convegni. Per fare questo una società inquisita con la truffa, la Italfarmaco, aveva addirittura aperto un conto corrente in alcuni negozi di prodotti tecnologici e presso un’agenzia di viaggi di Foligno.
La truffa è costata al Servizio sanitario nazionale una somma pari a 1 milione e 200 mila euro ed è durata due anni e mezzo. Era stata congegnata nei minimi dettagli e portava un guadagno a tutti i soggetti coinvolti: i farmaci, per lo più antitumorali e antimicotici (longastatina con un prezzo di 1395 euro a confezione; Myelostim, 130 euro e Triasporin, 85 euro) erano prodotti da Italfarmaco. L’azienda farmaceutica milanese, poi, vendeva i medicinali ai titolari delle farmacie i quali ottenevano i rimborsi dallo Stato grazie alle false ricette prescritte da medici contattati dall’informatore scientifico il quale, a sua volta, si assicurava premi di produttività.
I farmaci, però, non arrivavano mai ai pazienti ignari e a volte addirittura deceduti. I nomi dei pazienti coincidevano con quelli di persone che si erano curate nelle strutture dove operavano i medici firmatari delle ricette fantasma o pervenivano da elenchi di pazienti inabili ai quali era stata assegnata l’assistenza domiciliare. Il trucco era quello di staccare dal medicinale l’etichetta di riconoscimento del farmaco per poi applicarla alla falsa ricetta firmata dal medico compiacente: i medicinali rimasti senza etichetta erano poi venduti su canali clandestini o smaltiti illegalmente.
Le confezioni sequestrate sono state 3600, per un valore di circa 35o mila euro con un giro d’affari che rappresentava circa il 12 e il 18% dell’intero fatturato delle farmacie inquisite. Nel corso delle indagini che sono state condotte dai Nas di Bologna e con la collaborazione delle Ausl di Bologna e di Ravenna.
Le ricette false rintracciate sono state 3126.
Tra i 38 medici indagati risulta esserci anche Alberto Ravaioli, sindaco di centro sinistra di Rimini e primario del reparto di oncologia dell’ospedale Infermi.
Rivaioli in una nota diffusa alla stampa si è detto «completamente estraneo alla vicenda. Non ho al riguardo nulla da nascondere né ho mai violato le leggi e l’etica professionale» Solidarietà a Ravaioli è stata espressa dal coordinatore provinciale del Pdl di Rimini, Marco Lombardi.
