PONTEDERA (PISA) – Viaggi pagati dalle aziende ai pediatri in cambio di suggerimenti alle neo-mamme sul latte in polvere prodotto da loro. E’ l’accusa avanzata nei confronti di 23 professionisti tra pediatri, informatori scientifici e operatori turistici toscani, spiega Pietro Barghigiani sul Tirreno.
A due anni dagli arresti dell’inchiesta “Medici low cost”, i è arrivati all’udienza preliminare per valutare la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura a carico dei 23 indagati accusati di corruzione.
Diverse le posizioni degli imputati, che vivono tutti tra Pisa, Pontedera, la Valdera, Piombino, Grosseto, Massa e Lido di Camaiore.
Il 21 novembre 2014 diciotto di questi indagati vennero messi agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e comparaggio, ovvero l’accettare denaro o altra utilità in cambio della prescrizione di farmaci. Ma quest’ultimo reato è caduto perché il latte artificiale non è una medicina.
Resta l’accusa di corruzione, secondo la quale i pediatri convenzionati con l’Asl (incaricati di pubblico servizio) spingessero le neo mamme all’acquisto di certi prodotti di latte in polvere ottenendo benefici dalle aziende. Utilità dal valore direttamente proporzionale al volume d’affari generato grazie alle segnalazioni interessate.
Scrive il Tirreno:
Per l’accusa non c’era un passaggio di denaro diretto. Niente bustarelle, insomma. Erano le vacanze pagate il mezzo cui facevano ricorso le aziende per accattivarsi la benevolenza dei medici. Secondo la Procura per anni alcune aziende produttrici di latte in polvere avrebbero pagato viaggi o spese per convegni ai pediatri che, per ricambiare i favori, si dimostravano più sensibili nell’indicare alle neo mamme i prodotti commercializzati da chi finanziava le loro vacanze o l’acquisto di tv e computer.
Nel sistema era centrale il ruolo di due agenzie di viaggi pisane che fatturavano, stando all’accusa, false spese per la partecipazione dei medici a congressi e corsi di aggiornamento anche internazionali. Per i carabinieri del Nas l’escamotage trovava la sua applicazione sotto forma di un “buono” riservato al singolo professionista che lo utilizzava per pagare viaggi di piacere per sé e i propri familiari o amici spesso indicando una mèta per un convegno quando, invece, in realtà professionista e famiglia si recavano in località turistiche.
Per la difesa, invece, si tratta di marketing commerciale, non di corruzione, e non c’è stata alcuna costrizione provata nei confronti delle mamme per la scelta del latte in polvere.