
ROMA – I cassonetti gialli per la raccolta degli abiti per i poveri sono stati travolti dalla bufera dell’inchiesta di Mafia Capitale a Roma. I cassonetti infatti valevano un giro d’affari per 2 milioni di euro che era nelle mani della camorra, Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. I vestiti infatti non andavano in beneficenza, ma venivano rivenduti dalle coop legate proprio a Buzzi.
Proprio per la truffa emersa durante le indagini, scrive Repubblica, l’Antitrust ha inflitto ad Ama una multa da 100mila euro e ora l’affidamento dei cassonetti è stato revocato e quindi scompariranno, per poi fare la loro comparsa nel 2016 dopo un nuovo bando pubblico:
“«Chi vorrà fare beneficenza non troverà più per strada i tradizionali cassonetti gialli. Sono 1.800 e spariranno entro pochi giorni per decisione dell’Ama, la municipalizzata che nella capitale si occupa di rifiuti. L’azienda, infatti, ha disposto «in autotutela» la sospensione del servizio affidato dal 2008 a due consorzi di imprese, Bastiani e Sol.Co., quest’ultimo presieduto da Mario Monge, arrestato a giugno e ampiamente citato nell’ordinanza su Mafia Capitale, tra l’altro, per il suo «rapporto di piena sottomissione» a Buzzi. Ci sono voluti una multa salata dell’Antitrust (100mila euro) e soprattutto la relazione dei prefetti […] per convincere Ama alla revoca dell’affidamento”.
Proprio nel provvedimento emanato dopo l’inchiesta di Mafia Capitale, scrive Repubblica, è stata inserita la “Ordinanza stracci”:
“Scrive la municipalizzata dei rifiuti: «All’interno si evidenziano condotte non corrette dei due consorzi nella gestione e nella partecipazione alla gara del 2008, nonché l’esistenza di gravi infiltrazioni mafiose che avrebbero interessato anche direttamente talune delle cooperative esecutrici del servizio». Tutti, in realtà , passaggi noti. Perché le infiltrazioni della camorra erano emerse già 10 mesi fa.
A inizio gennaio, infatti, un’inchiesta della procura di Roma aveva raccontato come funzionava il sistema: gli indumenti raccolti nei cassonetti gialli venivano, dopo una serie di passaggi, immessi sul mercato senza alcun trattamento (obbligatorio) per igienizzarli. «In realtà — si legge nella relazione dei prefetti che cita le ordinanze dei magistrati — tali fasi sono completamente omesse, con un totale abbattimento dei costi che, in un regime fiscale privilegiato, trasforma in mero profitto i rifiuti acquisiti gratuitamente per essere posti in commercio in condizione di tossicità »”.
