Il trans Natalì, coinvolto nel caso Marrazzo e che si trovava con l’ex presidente della Regione Lazio nell’appartamento durante il blitz dei carabinieri, ha ricostruito davanti alle telecamere di Porta a Porta cosa successe quel 3 luglio a via Gradoli.
«Marrazzo mi ha chiamato verso mezzogiorno a casa, mi ha chiesto se ero lì. Io ho risposto di si e dopo poco tempo è arrivato. Mi ha stupito perchè era pomeriggio. Dopo pochi minuti hanno bussato. Io sono andata alla porta e ho sentito dire da fuori ‘apri, sappiamo che qui c’è una festà. Io non volevo aprire – prosegue la trans – ma Marrazzo mi ha detto che potevo farlo».
«C’erano due persone in borghese senza il tesserino da carabiniere. Mi hanno chiuso fuori dal balcone e hanno abbassato la serranda e tirato le tende. Casa mia è fatta in modo tale che non potevo nè sentire nè vedere che cosa succedeva all’interno. Dopo 20 minuti circa mi hanno fatta rientrare. I carabinieri mi hanno detto di stare zitta, mi hanno insultato, mi hanno detto che altrimenti mi avrebbero portata in caserma. Volevano da Marrazzo 50 mila euro a testa sennò saremmo andati tutti in caserma. Gli hanno chiesto il cellulare, minacciandolo, ma lui non glielo ha dato, gli ha dato il numero dell’ufficio».
«Poi mi hanno riportato nuovamente sul balcone. Sono rientrata dopo altri 10 minuti. Quando sono andati via – continua Natalì – sono rimasta a parlare con Marrazzo. Lui stava male, mi ha detto che avevano preso dal suo portafoglio 2.000 euro. Non l’ho visto firmare assegni, nè lui me lo ha detto. È rimasto a casa mia altri 10 minuti, gli ho dato un bicchiere d’acqua. Poi se ne è andato. Dopo un pò mi ha richiamato a casa, mi ha detto di venire a casa sua. Io ho chiamato un taxi. Sotto casa sua c’era l’autista che mi ha fatto il segnale che potevo entrare. Lui voleva parlare con me, diceva che non poteva parlare con nessun altro. Mi ha detto di non dire a nessuno cosa era successo. Non sapeva di alcun filmato».