Tra i sistemi maggiormente utilizzati dagli usurai che facevano parte dell’organizzazione smantellata dai carabinieri e dalla Dda di Lecce c’era quello del cambio assegno post-datato che faceva schizzare gli interessi al 120% annui sino, in alcuni casi, a punte del 300%.
Alle vittime, puntualmente minacciate e ridotte sul lastrico, la stessa organizzazione imponeva anche la risoluzione del problema facendo ottenere loro prestiti da società finanziarie, con il meccanismo della truffa attraverso la comunicazione di dati falsi (buste paga), costringendole poi a versare quel danaro per pagare i tassi usurari.
Le indagini, avviate nel febbraio del 2009 in seguito alla denuncia fatta da un imprenditore, attraverso intercettazioni telefoniche e indagini bancarie, hanno portato alla scoperta di sei canali usurari, facenti capo alla organizzazione malavitosa. In tutto i carabinieri hanno arrestato 19 persone.
Le vittime accertate sono una decina ma solo quattro di loro hanno denunciato. Si tratta di tre imprenditori in difficoltà e di un impiegato. Gli arresti sono stati eseguiti nel Salento (Trepuzzi, Surbo, Lecce, Lequile e Nardò) e in provincia di Bologna. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata all’usura, all’estorsione, all’esercizio abusivo di attività finanziaria ed al riciclaggio. A due degli arrestati è stata contestata l’aggravante dell’associazione mafiosa, essendo già condannati per questo tipo di reato e perché hanno agito con le tipiche modalità mafiose, sottraendo a chi non era in grado di restituire il capitale beni mobili ed immobili.
Ad una delle vittime che non riusciva ad onorare il debito sono stati sottratti un terreno ed una moto di grossa cilindrata. Il vorticoso giro di assegni avveniva principalmente su alcuni conti correnti e al cambio si prestava anche una finanziaria locale il cui titolare è stato arrestato. Uno di questi conti, intestato ad una confraternita, veniva utilizzato da uno degli arrestati per i prestiti ‘a strozzo’.
La misura cautelare si è resa necessaria – hanno spiegato gli inquirenti – anche per le inquietanti pressioni che alcuni indagati, nell’ultimo periodo, avevano cominciato ad attuare nei confronti delle vittime alle quali, oltre ai numerosi messaggi minatori, sono stati provocati anche danneggiamenti e recapitati portachiavi con bare. Alcune vittime sono assistite dallo sportello antiracket di Lecce.