BRINDISI – Il luogo dell’attentato scelto in modo casuale. Nessuna vera ragione dietro la strage. La costruzione della bomba. Il telecomando acquistato da un negozio scelto sulle Pagine Gialle. Giovanni Vantaggiato, presunto attentatore, ha confessato l’attentato di Brindisi. Nella Questura di Lecce dice al procuratore Cataldo Motta: “Io vivevo un momento in cui ero proprio depresso, ma non volevo ammazzare nessuno”. L’attentato davanti all’istituto Morvillo Falcone però è costato la vita di Melissa Bassi, ragazza di 16 anni di Mesagne, ed ha ferito gravemente altre 5 ragazze. L’uso del ”noi” per descrivere le sue azioni fa nascere il dubbio dell’esistenza di un complice, esistenza smentita da Vantaggiato. Il benzinaio di Copertino non sembra mostrare pentimento: “Ho sbagliato, ma non avrei mai confessato”.
LA CONFESSIONE – La confessione di Vantaggiato inizia alle 22.20 del 7 giugno nella Questura di Lecce: “Intendo rispondere. È vero che sono stato io a collocare l’ordigno e a farlo esplodere nei pressi della scuola Morvillo Falcone di Brindisi la mattina del 19 maggio scorso… -e aggiunge – Non ho una ragione specifica per la quale ho scelto sia la città che il posto. La scelta del luogo è stata del tutto casuale. E l’ho fatto perché ce l’avevo con il mondo intero e, nello specifico, perché prima si lavorava e si guadagnava mentre adesso questo non succede più”. Spiega al procuratore Motta come avrebbe costruito la bomba: “Ho acquistato il telecomando da un impiantista da me scelto sulle Pagine Gialle, un impiantista che si trova in un paese tra Copertino e Maglie, non ricordo esattamente il nome del paese”.
L’ATTENATO – “Ho collocato l’ordigno nella notte tra il 18 e il 19 maggio. Ho trasportato il bidone, che avevo rubato a San Pietro in Lama, all’interno della Fiat Punto bianca intestata a mia moglie e così pure, sempre all’interno della Punto, le tre bombole che avevo rubato qualche tempo addietro, con tutto il materiale necessario per confezionare il meccanismo d’innesco. Una volta giunto a Brindisi mi sono fermato in via Palmiro Togliatti, ho scaricato il bidone ed ho caricato al suo interno le 3 bombole e lì ho effettuato i collegamenti. A quel punto ho trasportato il bidone munito di ruote percorrendo il marciapiedi di via Togliatti per poi svoltare verso la scuola”, dice Vantaggiato.
LA BOMBA – Vantaggiato ha descritto l’ordigno agli inquirenti: “In ogni singola bombola ho messo circa 10 chili di polvere pirica, comprata in più occasioni da vari rivenditori della provincia di Lecce. Per l’innesco ho utilizzato una centralina collegata ad una batteria, che ho acquistato dalla ditta Greco sulla via per Nardò. La batteria a sua volta era collegata con tre coppie di fili elettrici avvolti intorno alla resistenza di 3 lampadine da 12 volt a cui avevo rimosso il vetro di copertura e che poi avevo inserito all’interno di ognuna delle 3 bombole. Una volta dato l’impulso con il telecomando, la centralina riceve il segnale e lo trasmette alla batteria, la quale dà l’impulso elettrico ai fili che incendiano la resistenza che a sua volta dà l’innesco alla polvere pirica. La mattina dopo sono tornato davanti alla scuola con la mia Hyundai Sonica e ho parcheggiato nei pressi. A piedi ho fatto un primo passaggio davanti al chiosco e verso le 8 meno 20 ho premuto il telecomando”.
IL COMPLICE? – Vantaggiato smentisce la presunta esistenza di un complice: “Il noi si usa molto dalle nostre parti. Ma io non ho ricevuto aiuto da nessuno nel collocare l’ordigno, nel prepararlo e nel farlo esplodere. L’ho fatto esplodere in un punto di passaggio delle persone ma non avevo nulla contro di loro, in quanto non avevo un obiettivo ben preciso. La mia voleva essere solo una forma di protesta e quando ho premuto il telecomando ero convinto che non passasse nessuno”.
Non la pensano però così i pm, che nel decreto di fermo parlano di complici e forse di un “committente”. Gli investigatori ritengono che Vantaggiato sia stato aiutato da almeno un’altra persona anche in seguito alla testimonianza di due persone che nella notte precedente all’attentato avrebbero visto spingere il bidone da un uomo ”con caratteristiche somatiche diverse da quelle di Vantaggiato”.
Nel decreto di fermo il procuratore della Repubblica della Dda di Lecce Cataldo Motta e i pm Guglielmo Cataldi e Milto De Nozza hanno scritto che ”nel corso dell’interrogatorio” Vantaggiato ”si e’ lasciato sfuggire l’uso del plurale con riferimento al trasporto e alla collocazione del bidone con l’ordigno esplosivo”. In particolare i due testimoni di notte hanno ”osservato una persona” diversa da Vantaggiato ”che spingeva un bidone su ruote verso l’ingresso della scuola”.
Nell’interrogatorio di mercoledi’ scorso conclusosi con il fermo disposto dagli inquirenti, Vantaggiato ha assunto un atteggiamento ”ai limiti dell’offesa all’intelligenza di chi lo interrogava, tendente evidentemente ad occultare il concorso di altri”. Lo scrivono gli stessi magistrati della Dda di Lecce e della Procura di Brindisi nel decreto di fermo dell’imprenditore di Copertino (Lecce).
IL VIDEO – La mano che nel video delle telecamere di sorveglianza del chiosco sembrava offesa non lo è, il tenerla in tasca è un riflesso condizionato: “La verità è che da bambino, mentre giocavo, i miei compagni per scherzo mi infilarono un ferro in questa mano e da allora, quando non serve, la metto in tasca”.
NO PENTIMENTO – Il presunto autore dell’attentato di Brindisi non sembra pentito: “Ho sbagliato a fare quello che ho fatto ma non avrei mai confessato. Se non foste venuti voi a prendermi, non sarei mai venuto da voi a costituirmi. La fifa era troppa…- e aggiunge – Avevo lasciato la macchina parcheggiata in via Oberdan e quando sono scappato ho buttato il telecomando lungo la strada per Lecce, poi sono tornato a casa e ho fatto finta di niente, ho pranzato regolarmente”.