MILANO – Nei giorni in cui si discute del caso del pensionato di Vaprio d’Adda (Milano) indagato per omicidio volontario per aver ucciso un ladro in casa propria, il Tribunale di Milano ha condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere per tentato omicidio un vigilante che ha sparato e ferito un romeno che, assieme ad altri connazionali, stava cercando di rubare rame in uno stabilimento dismesso. E’ stata esclusa, come chiesto dalla Procura, la scriminante della legittima difesa.
Il 29 giugno 2011, la guardia armata era in servizio per conto di una società di vigilanza privata e stava sorvegliando uno stabilimento dismesso a Segrate (Milano), quando ha sentito dei rumori provenire da un capannone. E’ entrato e si è accorto che un gruppo di ladri, quattro in tutto, stavano cercando di rubare del rame e ha intimato loro l’alt. A quel punto, stando a quanto è emerso dalle indagini, il vigilante ha esploso un primo colpo ad altezza uomo che è andato a colpire lo stipite di una porta (la guardia aveva sostenuto di averlo indirizzato in aria) e poi ne ha sparato un altro che ha ferito gravemente uno dei ladri. Il secondo colpo, tra l’altro, avrebbe prima rotto una porta a vetri e poi colpito il romeno, mentre quest’ultimo stava fuggendo dentro un cunicolo con i complici.
La difesa ha provato a far leva sulla legittima difesa, ma il pubblico ministero ha dovuto escluderla. Secondo l’accusa, infatti, la guardia non era in una situazione di pericolo perché i ladri non erano armati e stavano scappando. Inoltre, l’imputato, sempre secondo l’accusa, non avrebbe nemmeno ritenuto erroneamente di essere in pericolo in quel frangente (legittima difesa ‘putativa’), anche se ha raccontato che i ladri gli avrebbero lanciato contro degli oggetti.
Nel corso del processo, poi, ha anche cercato di difendersi dicendo di aver sentito il rumore di una botola e di averlo scambiato per uno sparo. L’imputato ha anche chiamato a testimoniare il fratello, con cui si esercitava al poligono di tiro, per dimostrare di non essere molto preciso nei colpi.
Il ladro, colpito al torace, ha subito un intervento chirurgico per fermare un’infezione polmonare. Data l’arma utilizzata e la distanza ravvicinata da cui il vigilante ha sparato, gli inquirenti hanno escluso anche l’ipotesi delle lesioni colpose con eccesso colposo in legittima difesa. I giudici hanno accolto l’ipotesi del tentato omicidio con dolo diretto, anche perché non si trattava nemmeno di un caso di “legittima difesa domiciliare”, ossia in un’abitazione.
Alla guardia, comunque, è stato inflitto il minimo della pena, con il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se la condanna verrà confermata fino in Cassazione, il vigilante, però, finirà in carcere.