KABUL – Nel giorno in cui il presidente Hamid Karzai annuncia di aver interrotto il dialogo con i talebani perché “irraggiungibili”, il New York Times pubblica un lungo reportage sulla “sottile battaglia” condotta dai militanti islamici attraverso il “silenzio” imposto ai mezzi di comunicazione.
In più della metà delle province del Paese, alle 8 di sera la copertura dei telefoni cellulari scompare. Pressate dai Telabani, le maggiori compagnie telefoniche si piegano al silenzio delle comunicazioni. In alcune zone addirittura il servizio è sospeso per venti ore al giorno.
La battaglia dei talebani alla comunicazione viene combattuta anche con i più convenzionali attacchi esplosivi alle emittenti e alle antenne.
A far precipitare la situazione in Afghanistan è stato anche l‘assassinio dell’ex presidente Burhanuddin Rabbani, lo scorso 20 settembre, per mano di un cittadino pachistano che si è finto un giornalista. Dopo il botta e risposta con il Pakistan, Karzai ha fatto sapere che sarà rivista l’intera strategia negoziale per trascinare l’Afghanistan fuori dal pantano, coinvolgendo, appunto, anche Islamabad.
L’omicida di Rabbani proveniva, in particolare, dalle aree tribali pashtun a ridosso del confine afghano, dall’area della città pachistana di Quetta, che, secondo molti, ospita sotto l’ala protettiva dei servizi segreti di Islamabad la ”Shura”, l’organo direttivo dei talebani del mullah Omar.
Secondo quanto ha stabilito l’inchiesta fatta svolgere da Karzai sull’assassinio di Rabbani le prove raccolte e le confessioni di un complice arrestato sul luogo al momento dell’attentato mostrano che l’assassinio di Rabbani è stato pianificato proprio a Quetta, e che l’assassino era un cittadino del Pakistan”, della città di Shaman, a ridosso della frontiera afghana.
”Il mullah Omar non ha indirizzo…Il loro emissario si è rivelato un assassino. E allora, con chi dovremmo trattare? Io rispondo: con il Pakistan”, ha detto Karzai durante una riunione di dignitari religiosi a Kabul. ”L’unica soluzione che tutto il mondo reclama è che i negoziati di pace si tengano in Pakistan, perché tutti i santuari e i rifugi degli insorti sono situati in quel Paese”.
Seppure non menzionato, la nuova svolta strategica di Karzai nasce all’ombra dello spettro, dai contorni oscuri e misteriosi, della Rete Haqqani, la milizia terroristica afghana alleata del mullah Omar e di Al Qaida che sta avvelenando i già difficili rapporti fra Washington e Islamabad, che gli Usa accusano di proteggere tramite i servizi segreti (Isi) per rafforzare l’influenza e gli interessi pachistani in Afghanistan. La stessa Rete Haqqani di cui l’Isaf, la forza internazionale Nato in Afghanistan, ha annunciato la cattura di un importante capo.
Karzai da anni, incoraggiato dagli occidentali, sta tentando, con successi finora risibili, di negoziare con i talebani, offrendo in cambio della pace un’amnistia e anche posti di governo. Un’offerta sulla quale i leader talebani, che dal 2007 sembrano rafforzarsi e guadagnare terreno, anche con l’aiuto della Rete Haqqani, hanno sempre nicchiato, a parte qualche contatto preliminare. ”Tutte le discussioni di pace con i talebani – ha detto il portavoce di Karzai – sono sospese. Il presidente rivedrà la strategia di pace e di riconciliazione”, e la nuova strategia sarà comunicata ”molto presto”.