La coppia Berlusconi-Putin e il business del gas sembra che sfiori anche il Kazakista. Il Cavaliere avrebbe in mente degli investimenti in Kazakistan secondo quanto scrive Repubblica.
E proprio grazie ai legami con l’omologo russo sempre a detta del giornale i due esporterebbero la corruzione in Europa. Secondo il Dipartimento di Stato Usa, “la relazione tra Putin e Berlusconi sia funzionale a inoculare corruzione negli altri Paesi, dividere l’Europa, renderla vulnerabile al ricatto energetico della Russia”.
Tra i due c’è Gazprom “che fa tutt’uno con Putin”, secondo il Dipartimento e dirotterebbe “pagamenti ai politici nei paesi “a valle” perché assecondino i piani della Russia”.
Berlusconi, data la sua amicizia con Putin, avrebbe sostenuto il premier russo nel 2003 quando Vladimir Vladimirovic caccia in galera Mikhail Khodorkovskij, l’uomo più ricco di Russia, proprietario della quinta compagnia petrolifera del mondo, la Yukos. Le accuse parlano di frode fiscale e appropriazione indebita – in pochi giorni gli sequestrano il suo 40 per cento di azioni Yukos – ma in realtà, come tutto il mondo sa, Khodorkovskij paga la decisione di finanziare la campagna dei partiti di opposizione a Putin. Berlusconi è l’unico leader occidentale a trovare legittimo l’agguato “sovietico” dell’amico del Cremlino. Un giudizio che ribadisce il 20 maggio 2004.
Poi ancora Repubblica ricostruisce che Eni e Enel saranno le uniche società occidentali che acquisiranno asset della Yukos di Khodorkovskij e la fetta più grossa: il 20 per cento delle azioni di Gazpromneft’ per 4,2 miliardi di dollari. Un caso da manuale di portage finanziario (Eni acquista asset a proprio nome, in realtà si impegna a cederli successivamente a Gazprom).
Ma c’è molto di più, secondo una fonte anonima di Gazprom citata dal quotidiano, in cambio dell’appoggio all’espansione in Europa occidentale di Gazprom, Putin abbia aperto a Berlusconi la strada ai giacimenti di gas pre-caspici in Kazakistan; metano poi depurato nella vicina centrale russa di Orenburg e lì immesso nei tubi verso Occidente.
Dietro tutti questi la gas connection ci sono soldi e interessi che passano per i segreti di South Stream nella scatola svizzera di Zug. Secondo quanto scrive il Corriere della Sera dopo il crollo dell’Unione sovietica le grandi oligarchie russe si sono presi tutti benefici del tax system molto conveniente della Svizzera.
Le società intermediarie al 50% tra Gazprom e l’Ucraina nel corso del conflitto del gas dell’inverno 2005-06 (come la Centragas Holding) avevano sede in Svizzera, e ora sono da tempo liquidate. Per il colosso moscovita del gas, tuttavia, l’abitudine di servirsi dello Stato alpino per i propri affari è diventata un’usanza consolidata. Come nel caso del progetto South Stream, oggetto dei preoccupati «cable» delle ambasciate americane rivelati da Wikileaks. Il memorandum tra l’Eni di Paolo Scaroni e i russi viene siglato il 23 giugno 2007. Il 18 gennaio 2008 viene costituita la South Stream Ag, posseduta al 50% ciascuno da Gazprom e da Eni International Bv.
