IL CAIRO – Entro marzo sarà costituito un comitato per le riforme costituzionali in Egitto. È questo il principale accordo raggiunto al Cairo tra il vicepresidente Omar Suleiman e le opposizioni, tra cui i Fratelli musulmani. Si tratta di un accordo di massima tra governo e rappresentanti dei partiti di opposizione per proseguire il dialogo e dare il via alle riforme e per l’applicazione delle promesse fatte dal capo di stato nel suo ultimo video messaggio.
In particolare è prevista la fine dello stato d’emergenza, in vigore dal 1981, e il perseguimento dei responsabili degli incidenti e delle violenze dei giorni scorsi. È prevista poi la mancata ricandidatura di Mubarak alle prossime elezioni, la riforma degli articoli 76 e 77 della Costituzione, una riforma delle legge elettorale, il rinvio a giudizio di tutti i politici e funzionari accusati di corruzione e considerati responsabili degli episodi di violenza dei giorni scorsi in Egitto. Per essere certi che l’attuale governo faccia queste riforme, è stata decisa la creazione di una commissione, composta anche da giudici, che studi la fattibilità delle riforme costituzionali.
Inoltre il governo si è impegnato ad aprire un ufficio che riceverà i ricorsi di tutti i detenuti politici. È stata deciso anche di concedere la massima libertà a tutti i media e di revocare lo stato d’emergenza. Una commissione, di cui faranno parte anche i gruppi di opposizione, dovrà controllare l’esecuzione di queste riforme.
Piano “insufficiente”. Le riforme proposte dal regime del presidente egiziano Hosni Mubarak pere uscire della crisi politica sono ”insufficienti”, secondo i Fratelli Musulmani
Suleiman rifiuta i poteri di Mubarak. Nel corso del vertice il vicepresidente egiziano Omar Suleiman, come riferisce uno dei partecipanti ai colloqui tra Suleiman e le opposizioni, ha rifiutato un appello dell’opposizione ad assumere i poteri del presidente Hosni Mubarak.
Biden telefona a Suleiman In precedenza Joe Biden, vice presidente Usa, ha telefonato ad Omar Suleiman chiedendo che si realizzino «progressi credibili nei negoziati comprensivi» che il vice presidente egiziano avvia con l’opposizione. Secondo quanto ha reso noto la Casa Bianca. Anche il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, sostiene il dialogo del governo egiziano con i Fratelli musulmani, la principale forza di opposizione in Egitto anzi afferma che debba essere il vice presidente Omar Suleiman a guidare «un’ordinata transizione». Hillary Clinton spinge per questa soluzione durante i lavori della conferenza per la Sicurezza a Monaco, secondo quanto riporta oggi il Financial Times, sottolineando il desiderio di Washington di vedere il processo di transizione verso la democrazia avanzare «nel modo più ordinato e veloce possibile». La Clinton ha detto che questa transizione politica dovrebbe essere gestita da Suleiman, e non dal presidente Honsi Mubarak, suggerendo l’idea che il vice presidente sia effettivamente ora alla guida del paese.
Frattini Al contrario di quanto vogliono di americani, il governo italiano, per bocca del ministro degli esteri Frattini, vuole sì la transizione ma con Mubarak. In Egitto «prima serve la riforma elettorale, poi una nuova costituzione, poi andare alle urne» a settembre. Così «la transizione sarebbe rapida ma non sarebbe il caos», come invece accadrebbe se il presidente Hosni Mubarak andasse «via domani», come qualcuno auspica, ha detto il ministro degli Esteri a l’Intervista di Maria Latella a Skytg24.
Il Papa In mattinata giunge anche l’appello del Papa per l’Egitto, dopo l’Angelus: «In questi giorni seguo con attenzione la delicata situazione della cara Nazione egiziana. Chiedo a Dio che quella Terra, benedetta dalla presenza della Santa Famiglia, ritrovi la tranquillità e la pacifica convivenza, nell’impegno condiviso per il bene comune». È la prima volta che il Pontefice parla dell’Egitto da quando sono scoppiate le proteste.
La piazza Intanto sono un milione i manifestanti che si sono radunati domenica mattina in piazza Tahrir al Cairo. Lo ha annunciato la tv araba al-Jazeera. Secondo l’emittente qatariota sarebbe stato raggiunto il numero di manifestanti prefissato dagli organizzatori della protesta per quella che è stata battezzata «la domenica dei martiri». La manifestazione è infatti dedicata alle vittime degli scontri dei giorni scorsi tra sostenitori ed oppositori del presidente, Hosni Mubarak. I manifestanti hanno preannunciato altre iniziative analoghe nel corso della prossima settimana, per ottenere le dimissioni del presidente.
Il ragazzo che sfiga la polizia. A proposito di martiri, domenica su Youtube è apparso un filmato in cui si vede un giovane sfidare il 2 febbraio disarmato le forze di sicurezza. Si toglie la giacca e mostra il petto come per incitare a sparare. Qualcuno lo richiama, ma dopo qualche attimo i poliziotti sparano. Gli amici tentano di portare via il corpo e a loro volta sono colpiti e a terra restano tre corpi. Il video è stato inserito anche sul sito di al-Jazeera e, secondo alcuni diversi blogger, è la causa dell’arresto di Ayman Mohyeldin, il corrispondente al Cairo della tv del Golfo, arrestato qualche ora dopo aver postato su Twitter un appello a chi sapesse qualcosa di più sul fatto. Al-Jazeera in inglese, inoltre, ha annunciato domenica l’arresto di un altro dei suoi giornalisti – un corrispondente di nazionalità americana – impegnati nel raccontare le manifestazioni al Cairo. Le attvità di al-Jazeera in Egitto sono vietate dal 30 gennaio. Secondo la giornalista Hala Fahmi, ex conduttrice del tg alla Tv di Stato egiziana che ha lasciato per protesta la scorsa settimana, è stato il ministro dell’Informazione, Anas al-Feki, ad aver pagato i provocatori che hanno attaccato i manifestanti in piazza Tahrir.