PECHINO – La Cina ha bloccato le ricerche che contengono la parola ”Egitto” sui cosiddetti microblog, l’equivalente locale del sito di comunicazione Twitter, che è inaccessibile. Le ricerche di ”Egitto” sui microblog dei siti più popolari come Sina.com e Sohu.com danno oggi come risultato un messaggio secondo il quale ”non è stato possibile” trovare le informazioni richieste.
In Egitto più di cento persone sono state uccise nei giorni scorsi nelle proteste di piazza contro il presidente Hosni Mubarak. Le manifestazioni degli egiziani hanno suscitato una grande curiosità tra gli internauti cinesi, anche perche’ i principali mezzi d’informazione si sono limitati a dare scarne notizie.
”Guardate la Tiananmen egiziana!” ha scritto ad esempio un noto avvocato democratico. Altri si sono limitati a diffondere le notizie sulle manifestazioni, sottolineando che sono spontanee e che si sono svolte in un gran numero di città , trovando un’altra analogia con il movimento degli studenti cinesi del 1989, che ebbe il suo centro a Pechino ma che era diffuso anche in molte città di provincia.
Molto rilievo viene dato alle dichiarazioni e al ruolo di Mohamed El Baradei, ex-direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica dell’Onu (Aiea), premio Nobel per la pace e attuale leader dell’opposizione democratica egiziana. L’unico cinese ad aver vinto il premio Nobel per la pace, nel 2010, è il dissidente Liu Xiaobo, che sta scontando una condanna a 16 anni di prigione per i suoi scritti a favore della democrazia. In un editoriale il quotidiano Global Times ha paragonato gli eventi in Tunisia ed in Egitto alle ”rivoluzioni colorate” degli anni passati nelle repubbliche ex-sovietiche. Secondo il giornale queste non hanno portato ad una ”vera democrazia” che non è ”compatibile con le condizioni” della società di quei paesi.
In Cina ci sono oltre 450 milioni di utenti di Internet e i siti di comunicazione sociale come, oltre a Twitter, Facebook, Youtube e Flickr, sono bloccati dalla censura. Le ricerche sono impossibili se si usano parole-chiave considerate potenzialmente pericolose, come ”Dalai Lama” (il leader tibetano in esilio) o ”Tiananmen”. Le parole-chiave vietate vengono continuamente aggiornate dalle migliaia di poliziotti che lavorano alla cosiddetta ”grande muraglia di fuoco”, l’apparato di controllo di Internet che giustifica le sue azioni con la necessita’ di combattere la pornografia e di mantenere la ”stabilita’ sociale”. Nell’ultimo caso, due settimane fa, e’ stato vietato l’uso dell’espressione ”società civile”, che potrebbe essere usato in contrapposizione alla ”societa’ ufficiale”, vale a dire il governo e le sue articolazioni.
