IL CAIRO – Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano di Cambridge trovato cadavere il 3 febbraio alla periferia del Cairo, non è stato ucciso durante una rapina. Almeno di questo ormai si è certi. E’ quanto è scritto in una informativa inviata alla Procura di Roma che contiene le risultanze degli accertamenti eseguiti dagli investigatori egiziani che ora stanno vagliando i filmati delle telecamere installate nel quartiere El Dokki del Cairo, dove Regeni viveva.
Nella stessa relazione è riportato che le autorità di polizia egiziane hanno informato Ros e Sco che dalle indagini svolte è risultato che Regeni non svolgeva attività illecite, che conduceva una vita ritirata e che frequentava solo colleghi ricercatori. Gli investigatori egiziani hanno inoltre avuto conferma, dall’esame dei filmati delle telecamere piazzate nel quartiere El Behoos, che Regeni non è mai arrivato, il 25 gennaio, all’appuntamento delle 20 per una cena.
L’acquisizione dei filmati, così come i tabulati relativi alle celle a cui risultava agganciato il telefono cellulare di Regeni, fanno parte delle richieste fatte dalla Procura di Roma, tramite rogatoria internazionale, alle autorità egiziane. Nel frattempo gli esperti italiani esamineranno il computer del ricercatore universitario per verificare l’eventuale sussistenza di elementi utili per fare luce sulla sua morte.
Secondo quanto riferisce il sito del quotidiano indipendente egiziano Al Masry Al Youm dando conto delle “indagini della squadra di ricerca della Prefettura di sicurezza di Giza”, gli inquirenti egiziani hanno “scoperto che la vittima è stata uccisa in un appartamento al centro della capitale e, dopo, il suo corpo è stato trasportato sulla strada desertica” Cairo-Alessadria dove è stato ritrovato. “La squadra” di investigatori “ha osservato gli ultimi movimenti della vittima prima della sua scomparsa la sera del 25” e ha “visto le ultime chiamate prima della chiusura del telefono”, premette il sito.
IL TIMES: “OMICIDIO VERGOGNOSO” – “Un omicidio vergognoso” avvenuto in un Paese, che a cinque anni dalla ‘primavera araba’ di piazza Tahrir, si ritrova sotto il tallone dell‘ex generale Abdel Fattah al-Sisi immerso nel “terrore di polizia”: con queste parole il quotidiano britannico The Times ha commentato l’uccisione brutale di Giulio Regeni, giovane ricercatore italiano “laureato a Cambridge”. Il giornale britannico ricorda la lettera aperta firmata da 4.600 accademici di decine di Paesi per chiedere giustizia, ma nota che “non c’è da farsi illusioni” a dispetto del fatto che le autorità del Cairo “smentiscano ogni responsabilità”.
La verità, secondo il Times, è che il Paese è tornato a essere quello che era, “che migliaia di civili sono detenuti senza accuse, e che il semplice sospetto di dissenso e la repressione di una minoranza estremista sono usati per giustificare una dittatura militare vecchio stile”.
L’editoriale critica poi l’atteggiamento dei Paesi occidentali in genere. “Sisi si sforza di costruire relazioni amichevoli con i governo occidentali e, sfortunatamente, molti politici si sono mostrati fin troppo disponibili a passar sopra ai crimini della polizia egiziana nella ricerca di un bastione contro l’estremismo”.
Il giornale cita quindi dati di Amnesty International secondo cui almeno “1.150 dimostranti sono stati uccisi e altri 41.000 arrestati nei primi sette mesi di presidenza Sisi”, mentre “le condanne a morte e le torture sono le armi preferite d’intimidazione usate dal regime”.
Quanto a Regeni, il Times denuncia “gli innegabili segni di tortura” e avanza due ipotesi: “Dapprima – scrive – s’è pensato che fosse stato consegnato alla polizia da venditori di strada, il cui ruolo nell’economia sommersa egiziana era al centro delle sue ricerche; ora pare che possa aver fatto infuriare le autorità per alcuni articoli critici verso il regime proposti sotto pseudonimo a un giornale italiano”.
La conclusione del Times è che il mondo dovrebbe riesaminare le proprie relazioni con il Cairo e spingere per una politica più “illuminata”: “L’estremismo islamico è chiaramente una minaccia immediata per l’Egitto… ma è vitale che il Cairo separi i radicali da chi è a rischio di radicalizzarsi. Sisi invece rischia di mescolarli, condannando il suo Paese a un ciclo senza fine di terrorismo e controterrorismo”.
VENERDì I FUNERALI – Si terranno venerdì 11 febbraio i funerali di Giulio Regeni a Fiumicello, il paese in provincia di Udine di cui era originario. La famiglia ha diffuso una nota nella quale, “nel ringraziare tutti e in particolare la comunità di Fiumicello per la solidarietà e l’affetto dimostrati”, rinnova “la preghiera ai mezzi di informazione di non utilizzare telecamere, fotocamere né qualsivoglia mezzo di ripresa audiovisiva per tutta la durata della cerimonia”.
La famiglia Regeni ha chiesto
“a quanti parteciperanno venerdì al funerale di Giulio di farlo individualmente, nella condivisione personale del dolore, senza ostentare vessilli, bandiere, slogan o qualsiasi altro simbolo che richiami qualcosa di diverso dall’essere persone che si stringono intorno ad altre persone”.