JAIPUR – Una parata di elefanti e cavalli vestiti a festa hanno invaso le strade della città . Jaipur ha salutato con i maggiori onori il suo ultimo maharaja, scomparso all’età di 79 anni dopo una lunga malattia. Sawai Bhawani Singh ha continuato fino alla fine ad essere riverito come un’icona sociale e culturale, nonostante da ben quaranta anni avesse dovuto rinunciare ai suoi titoli nobiliari. Segno che nell’India di Bollywood e dei microchip c’è ancora spazio per il mistero e per le tradizioni secolari.
Se per secoli hanno dominato la società indiana, negli ultimi anni anche i maharaja hanno dovuto venire a patti con la modernità . La decisione del governo socialista di Indira Gandhi di abolire i loro privilegi, nel 1971, li ha costretti a inventare nuovi modi per vivere e mantenere vive le tradizioni della propria famiglia. Ecco così che le suntuose stanze dei palazzi reali, un giorno abitati da animali rari e domestici silenziosi, oggi vengono sfruttate dai sei milioni di turisti che ogni anno visitano il paese. Sono ormai tantissime, infatti, le residenze riconvertite in alberghi per consentire ai “grandi re” di tenere testa alle spese di manutenzione e di restauro, senza le quali queste preziose dimore signorili sarebbero andate in rovina.
Come ogni altro maharaja indiano, anche Sawai Bhawani Singh ha vissuto la decadenza della sua nobiltà , mantenendo stretto il suo titolo ma occupandosi della nuova destinazione d’uso dei suoi antichi splendori. La storia dell’ultimo maharaja si intreccia indissolubilmente a quella del “suo” regno. Fondata nel 1728 da Sawai Jai Singh II e conosciuta anche con il nome di “città rosa” a causa del colore predominante delle abitazioni, Jaipur è una metropoli da quasi tre milioni di abitanti e capitale dello stato del Rajasthan.
Sawai Bhawani Singh era soprannominato “bollicine” perché, essendo il primo erede maschio nato dopo generazioni di femmine, la felicità del nonno fu tale che per festeggiare ordinò fiumi di champagne dalla Francia e, si racconta, lo fece addirittura sgorgare dalle fontane del palazzo reale. Le bollicine però non furono di buon auspicio per Sawai Bhawani Singh. Salito al trono nel 1970, dopo che il padre Man Singh II morì durante una partita di polo, solo dopo qualche mese si vide annullare con una legge emanata da Indira Gandhi tutti i privilegi di aristocratico.
A poco erano serviti gli sforzi di una delle sue matrigne, la bellissima Gayatri Devi, che lottò fino alla fine per mantenere le prerogative reali. Considerata negli anni Sessanta e Settanta una delle donne più affascinanti del mondo (tanto da essere inserita da Vogue nella classifica delle dieci donne più belle) la Devi era la terza moglie del maharaja di Jaipur Man Singh II. Elegante ma anche estremamente carismatica, Gayatri era una politica molto apprezzata sia in patria che all’estero e viene ricordata come “la donna con la più sbalorditiva maggioranza che nessuno abbia mai ottenuto in un’elezione”. Parola di John Fitzgerald Kennedy.
La matrigna di Sawai Bhawani Singh, però, non vinse la sua battaglia contro la Gandhi e il titolo di maharaja perse il significato politico e sociale, rimanendo confinato nella ormai centenaria tradizione popolare. L’intero Stato del Rajasthan, però, ha continuato a venerare Sawai Bhawani Singh, anche perché sul campo si era meritato la fama di eroe militare. Durante la guerra contro il Pakistan del 1971, infatti, grazie ad uno stratagemma era riuscito ad illudere gli avversari mettendoli in fuga e guadagnandosi uno dei massimi riconoscimenti militari.
Dopo un fallito tentativo di entrare in politica nelle fila del Congresso nel 1989, da allora Sawai Bhawani Singh fu costretto a rinunciare ai vezzi della nobiltà e decise di dedicarsi interamente al patrocinio di tornei di polo, lo sport preferito dai maharaja indiani, e alla tutela dei suoi ex palazzi. Anche l’ultimo “grande re” di Jaipur fu così costretto a dipendere dalle rendite immobiliari dei suoi palazzi trasformati in hotel, primo tra tutti il monumentale Rambagh Palace, oggi di proprietà della catena alberghiera Taj, del gruppo Tata.
Dal matrimonio con la principessa Padmini Devi of Sirmur dello stato Himachal Pradesh, avvenuto nel 1966, Sawai Bhawani Singh ebbe solo una figlia, Diya Kumari, che, con un gesto che sembrò aver inferto il colpo di grazia alla ormai decaduta nobilità dei maharaja, ha sposato un “commoner”, un plebeo che lavorava come suo autista.
Come se non bastasse, la fama di Sawai Bhawani Singh era stata intaccata anche dalla sua matrigna. Dopo essersi ritirata dalla vita politica, la bella Rajmata Gayatri Devi pubblicò un’autobiografia, “Ricordi di una principessa” (1976) e negli ultimi anni prima della sua morte (agosto 2009) entrò in forte conflitto con il figliastro per questioni di eredità . Ora sarà il nipote di Sawai Bhawani Singh a dover gestire il patrimonio degli ormai scomparsi maharaja di Jaipur.
